Il mare fuori
C’erano tutti gli ingredienti per un flop clamoroso. E, al tempo stesso, per un enorme successo, com’è invece accaduto. Valli a capire, certi incastri. Prendete Mare fuori, di cui parlavo tempo fa con Vincenzo Ferrera (“Beppe”). Una serie tv ambientata a Napoli era già di per sé sull’orlo del baratro dei luoghi comuni. Aggiungete al mix un carcere minorile, l’intreccio di storie e sentimenti dei loro protagonisti: il milanese ricco e tonto; la fascinosa e talentuosa “zingarella”; gli eredi di due famiglie in guerra che dicono “no” alle leggi della strada; il comandante cresciuto ‘nt’o quartier’ sospeso, davanti a quei ragazzi dietro le sbarre, tra rieducazione e perdizione.
Potrei parlare di ingranaggi, ma sotto sotto resto un irriducibile luddista. E quindi userò la parola dinamiche. Perché sono i movimenti tra le persone, le corde che vengono toccate a determinare un successo o un flop. Nella fiction come altrove. E, dunque, anche nel calcio.
Il mercato di riparazione del Cosenza porta in dote a Fabio Caserta quattro nuovi elementi. Uno, Camporese, lo conoscevamo già. E l’abbiamo visto inserirsi a tempo di record nella griglia dei titolari insieme a Frabotta, autore del gol vittoria a Bolzano. Dove il terzo, Gyamfi, è stato protagonista di una prova onesta e senza grosse sbavature.
Tra prestiti e cessioni sono andati via Rispoli (bene), Sgarbi (ottimo), Zilli, Arioli e La Vardera (in bocca al lupo a tutti e tre). E, dopo un abboccamento con il Bari per Aramu, è arrivato (in prestito) il quarto colpo del mercato. L’arrivo di Mirko Antenucci e la trattativa per l’ex Venezia ci dicono anzitutto che Fabio Caserta voleva a tutti i costi un altro elemento per la sua batteria di trequartisti. Dove possono giostrare già Tutino e Marras, Florenzi e Mazzocchi, Canotto (quando si sarà ripreso, dopo la ricaduta sull’infortunio) e, volendo, anche Voca. Ci dice anche che, in mediana, i giochi sono chiusi e Prazselik s’è preso sul campo le chiavi della regia accanto a Zuccon.
Come cinema e teatro vivono di ruoli e funzioni ricorrenti, così il mercato di riparazione. C’è il calciatore “usato sicuro” (Camporese), quello “da rilanciare” (Frabotta), il “fedelissimo” (Gyamfi). Mirko Antenucci, oltre a essere un trequartista in grado di giostrare anche sulle ali, è un elemento ancora giovane (24 anni), considerato un potenziale crack ai tempi del vivaio della Roma e una “testa matta” quando il Setubal lo allontanò dopo poche partite per una stupidaggine pubblicata sui social. A quel punto c’erano tutte le condizioni per una carriera flop. E invece il ragazzo, in Veneto, al secondo anno tira fuori dal cilindro una gran stagione: undici reti (tre rigori), la scialuppa che ha tenuto i granata a galla in serie B.
Alla Spezia, Antonucci era atteso dalla consacrazione: prendere sulle spalle una squadra appena retrocessa e trascinarla al ritorno in A. Finora la stagione dei bianconeri ha detto ben altro e Antonucci, titolare fisso, non ha brillato granché. Faticherei, tuttavia, a parlare di un calciatore davanti a un bivio tra rilancio e fallimento. Quel che non ho paura a scrivere è che, invece, davanti a quel bivio ci siamo noi. Per dirla coi vecchi Almamegretta, tra friddo e freva.
Mi rendo conto di toccare un nervo scoperto, ma me ne assumo la piena responsabilità. Perché sono convinto che il confine di cui scrivevo all’inizio, quello tra successo e fallimento, si supera in positivo solo se si è pienamente consapevoli di se stessi. Nel bene e nel male.
Il nostro bivio è questo: dopo un buon avvio e una seconda parte di girone d’andata da incubo, cosa può fare il Cosenza? Io credo che debba avanzare un passo alla volta. A cominciare dalla sfida col Pisa (occhio a Bonfanti, ché in nerazzurro è partito assai carico).
La vera buona notizia delle ultime due vittorie, più che dalla prestazione, è arrivata dalla tenuta atletica (finalmente) e psicologica. A Bolzano, dopo un rigore fallito (e dai, Avvocato, togliti la toga e torna a fare u Squalu!), era facilissimo sprofondare. E così col Venezia, nella ripresa, dopo lo squillo degli arancioneroverdi.
Nessuno è mai in grado di prevedere tutte le dinamiche – e, credetemi, a scriverlo è un autentico maniaco del controllo, passato per anni di psicoterapia. Ma conoscere le variabili è essenziale. E le variabili, oggi, sono queste. Il Cosenza ha uno dei migliori portieri della categoria e una buona difesa, di quelle che fanno soffrire, ma sanno soffrire, e reggere come reparto più che attraverso le individualità. Una coppia di centrocampo giovane e dinamica. Un’ottima batteria di trequartisti che si è espressa al suo massimo solo a sprazzi, nella quale si inserisce uno dei fantasisti più talentuosi della serie B. E, infine, una punta in cerca di identità.
Davanti a noi, chiamati a essere anguilla, ma senza sprofondare nella depressione davanti al primo mezzo passo falso, un calendario apparecchiato per accompagnare questa crescita di gennaio. Sùbito un Pisa in difficoltà, ma con timidi segnali di ripresa. Quindi un Modena passato dalla debacle di Palermo alla riscossa contro il Parma. E poi Lecco e Sampdoria. Ma soprattutto, oltre le sbarre, sotto il cielo, il mare fuori.