Il tifoso del Sudtirol e il fenomeno sociale che Guarascio sottovaluta a Cosenza - FOTO
I paradossi del calcio. Da un lato c’è una bella favola, figlia di una programmazione studiata a tavolino e della partnership tra una serie di imprenditori con l’intento comune di valorizzare il territorio. Dall’altro un uomo solo al comando e una provincia in rivolta. Il punto di contatto di chiama Pierpaolo Bisoli che ha portato il Sudtirol alle porte della Serie A una volta scaricato dal Cosenza a giugno scorso. Ma questa storia l’abbiamo già raccontata tante volte.
In questi giorni sta circolando sul web uno scatto iconico, dell’unico tifoso altoatesino che ha seguito la squadra a Benevento nell’ennesima vittoria di bomber Odogwu e compagni. È stato omaggiato, per festeggiare il successo, di una maglia e di un pantaloncino. Sono oltre 800 i chilometri che separano Bolzano dal Sannio, eppure Damian Gruber, questo il nome dell’irriducibile, non ha voluto far mancare il sostegno ai suoi beniamini. Il pensiero, allora, vola ai mille supporter del Cosenza che lunedì sera saranno a Genova. Atto d’amore numero quattordici di una stagione disgraziata al pari delle precedenti. La speranza, alimentata dal 2-1 alla Reggina, è che l’epilogo sia lo stesso degli altri anni.
Tentativi disperati a parte di sensibilizzare i big dell’imprenditoria nazionale a rilevare il Cosenza Calcio (ieri un fan esasperato ha scritto alla Segafredo, ndr), resta un dato incontrovertibile: la massa che si muove quando i Lupi giocano in trasferta. Da penultimi in classifica i numeri sono sbalorditivi e non c’è tifoseria dello Stivale che non lo riconosca. Perfino i leoni da tastiera si sono dovuti arrendere all’evidenza: la macchia rossoblù fa sempre la sua porca figura nei settori ospiti.
L’invettiva mossa agli sportivi silani era che il grosso del rifornimento numerico arrivasse dai fuori sede del nord. La risposta è arrivata a Bari, con 1100 anime a tifare anche oltre il 90’ al San Nicola. Quello che Guarascio ha terribilmente sottovalutato, salvo cercare adesso di salvare capra e cavoli, è il fenomeno sociale che si è innescato nella magica notte di Pescara nel 2018.
Quando nel 2003 il Cosenza salutò la Serie B, una fetta di ultrà e di semplici supporter emigrati per ragioni di studio e lavoro al nord fu tagliata fuori. Impossibile seguire dal vivo la squadra a Giarre, Martina Franca, Pomigliano o Noicattaro. Tre lustri dopo, i trentenni di allora sono tornati non solo a non perdersi un match esterno dei Lupi, ma ad alzare i decibel del tifo domenica dopo domenica. Questa è la vera forza in trasferta. Avere un gruppo compatto ed omogeneo pronto a perdere la voce. Basti guardare le foto dei cosentini al seguito e paragonarle con quelle degli altri aficionados della Serie B. Si noterà un particolare: quando Florenzi e compagni giocano, non c’è nessuno seduto in disparte a guardare la partita. Tutti sono parte attiva dello spettacolo. Ma Guarascio questo chissà quando lo capirà.