Pisano: «Cosenza-Chievo mi brucia ancora. La città era pronta per la A»
Un colpo di testa sotto la Curva Sud può valere il paradiso. Non ditelo però a Giovanni Pisano che 19 anni dopo ancora non riesce a credere a come i rossoblù siano finiti ko. In prossimità di Cosenza-Chievo Verona di sabato, ne è stato rievocato uno più eclatante. Vale a dire il match giocato il 4 dicembre del 2000 in posticipo televisivo. Era un lunedì sera, c’erano le telecamere di Tele+, ma il San Vito era pieno come non mai. Si tifava, eccome se si tifava, con la squadra in testa alla classifica e lanciata verso la Serie A. Quando con una zuccata eluse la guardia di due mastini come D’Angelo e D’Anna, il numero 9 dei Lupi non poteva immaginare il resto del match.
Pisano, cross di De Angelis da sinistra e sua incornata in rete. Poi la corsa sotto la curva…
«Mi ricordo tutto perfettamente. Il calore della gente si toccava con mano e stavamo disputando una grandissima partita. Ci tenevamo tanto a vincere, non ci riuscimmo a causa di un black out che, a ripensarci, mi fa ancora stare male».

Quella gara resta una delle delusioni più grandi per i tifosi del Cosenza. Come fu possibile perderla nella ripresa?
«Il Chievo era una squadra ricca di individualità, un collettivo importante e noi aspettavamo quel match con trasporto. Eravamo convinti di vincere, dopo il vantaggio forse ci siamo rilassati un po’ anche se fino al break disputammo 45’ di spessore».
Che particolare ricorda di quella sera?
«Scendendo dal ritiro di Casole Bruzio, per tutto il tragitto nel pullman ci accompagnò un silenzio tombale. Nessuno disse una parola, la tensione era alle stelle e posso assicurare che il nostro gruppo era pieno di burloni che non perdevano occasione per scherzare. Quella mezz’ora non la dimenticherò mai e, a posteriori, può spiegare anche la sconfitta».
I Lupi, anche grazie ai suoi gol, erano a +4 sulle inseguitrici. Il lunedì seguente, di nuovo in posticipo, scivolarono a -2. Quanto influì quel ko col Chievo?
«Psicologicamente tanto. Nonostante fossimo uno spogliatoio esperto, il contraccolpo ci fu. Avere in pugno un match decisivo, segnare e poi perdere in casa fa male. Alla lunga ci riprendemmo e tornammo nuovamente in alto, l’epilogo però non fu dei migliori».
L’ambiente di Cosenza era maturo per la Serie A?
«Per me sì. Conservo il ricordo di una tifoseria che seguiva in massa la squadra e che ci faceva lavorare con serenità. Il presidente Pagliuso aveva avuto buon occhio ad allestire una squadra del genere».
E la società? Era matura quella società?
«Assolutamente. Negli anni in cui ho militato al San Vito il club non mi ha fatto mancare niente. Sempre presente al campo e vicino ai calciatori. Se fosse andato in A, sarebbero cambiati tanti scenari futuri e la piazza avrebbe trovato la sua dimensione nell’Olimpo del calcio nazionale».
Pisano, che le resta dell’esperienza a Cosenza?
«Stavo benissimo. Avevo preso casa a Commenda e i miei figli andavano a scuola lì. Io, da uomo del sud, mi ambientai in un attimo. L’unico rammarico resta quel torneo 2000-2001: dovevamo centrare la promozione e ci andammo vicini. Peccato».

Sta seguendo il campionato? E’ una Serie B diversa dall’epoca, non crede?
«Il livello tecnico si è abbassato. Noi affrontavamo calciatori di un certo tipo, mentre oggi conta più il lavoro di tattica e la forza individuale. Chi ha elementi di qualità in organico, però, alla fine vince. La colpa di tutto questo è dei settori giovanili dove l’indirizzo da seguire è mutato con il tempo».
Lei era uno dei bomber storici del campionato insieme ai vari Ferrante, Schwoch… Chi è oggi il Pisano della cadetteria?
«Non c’è. E non lo dico con presunzione. Oggi gli attaccanti lavorano più per la squadra e fanno anche i terzini se necessario. Per me la punta invece deve prepararsi in funzione del gol perché, alla fine, buttare la palla in rete è quello che ti fa vincere le partite. Se ho realizzato più di 100 gol in Serie B un motivo ci sarà…».
Cosenza-Chievo come finirà 19 anni dopo?
«Aspetto la vittoria, sarebbe una rivalsa attesa per tanto tempo. Ancora mi brucia, era la partita che ci avrebbe fatto svoltare. In panchina con Braglia siede il mio amico Roberto Occhiuzzi con cui ho sostenuto il corso a Coverciano. Cosenza, a prescindere da lui, mi è rimasta nel cuore».