Sezioni
25/08/2025 ore 06.30
Cronaca

Estorsione mafiosa a Marina di Sibari: incendi e minacce per piegare un imprenditore

La sentenza di primo grado ricostruisce tre episodi incendiari e ruoli precisi: la cosca voleva “migliaia di euro” dal titolare del Resort

di Antonio Alizzi

La sentenza di primo grado nel processo Athena ricostruisce una tentata estorsione mafiosa ai danni dell’imprenditore del titolare delle strutture turistiche a Marina di Sibari, località di Cassano all’Ionio. Secondo i giudici, gli atti idonei e univoci furono programmati e attuati per costringerlo a versare somme di denaro «nell’ordine di diverse migliaia di euro», da convogliare nelle casse della cosca.

La tentata estorsione a Montalto Uffugo e l’alleanza tra i clan di Cosenza e Cassano all’Ionio

I tre episodi incendiari

Il 28 dicembre del 2018, gli investigatori registrano un incendio nella sala ristorante del Resort: fu rinvenuta tanica da 25 litri con residui di combustibile, con danni alla struttura in legno e all’impianto elettrico e contestuale interruzione della videosorveglianza.

Il 6 gennaio 2019, incendio alle autovetture di un dipendente mentre tre giorni dopo altro incendio al locale lavanderia del Resort. La sequenza, temporalmente ravvicinata, è stata qualificata dal gip Romano come tipica pressione mafiosa sul patrimonio della vittima.

Narcotraffico a Cassano, le prove che hanno portato alla condanna degli Abbruzzese  

La matrice estorsiva e il metodo mafioso

Dalle conversazioni captate e dai colloqui intercettati emerge la finalità: «Ora pagare subito». Il primo giudice di merito ha sottolineato che minacce e danneggiamenti non sono meri vandalismi, ma modalità esecutive volte a evocare la riconducibilità delle pretese alla famiglia Abbruzzese (“gli zingari” di Lauropoli) e all’area criminale cosentina. In più passaggi viene richiamata la logica del “pagare poco per non perdere molto” (il noto schema: per diecimila euro te ne fanno centomila), funzionale a piegare l’autonomia dell’impresa.

I ruoli: mandanti, organizzatori, esecutori

Nicola Abbruzzese, secondo le motivazioni, avrebbe autorizzato e diretto l’azione, fornendo la benzina, fissando gli appuntamenti e richiamando l’esigenza di supporti logistici (anche “coppia” in pineta a copertura).  Maurizio Falbo avrebbe recluato e istruito l’esecutore con la consegna di passamontagna, attrezzi (tenaglia, taglierino), scarpe e vestiti di cui disfarsi in seguito. Inoltre, avrebbe dato indicazioni su percorsi, “senza telefono”, orari e vie di fuga. Dal 2014 al 2019 sarebbe “ambasciatore” di richieste estorsive per «gente di Cassano».

Estorsioni e ’ndrangheta nella Sibaritide, Abbruzzese colpevoli «al di là di ogni pregiudizio»

Amjad Iqbal sarebbe l’esecutore materiale. L’imputato avrebbe aderito consapevolmente, manifestando anche timore di essere scoperto. L’uomo si sarebbe travisato il volto, al fine di eseguire il versamento del combustibile. Escluso invece Alessandro Cerchiara. Un altro imputato è sotto processo con il rito ordinario.

Le prove valorizzate

Nel caso in esame, il gup Romano si è focalizzata sulle intercettazioni ambientali e telefoniche. E ancora: dialoghi su orari, luoghi, strumenti, travestimenti e benzina, la richiesta di “passamontagna”, istruzioni didascaliche di Falbo a Iqbal ed infine l’urgenza di non usare telefoni durante l’azione. Il compendio probatorio, nel suo insieme, consente – secondo i giudici – una ricostruzione «oltre ogni ragionevole dubbio» dei ruoli e della finalità.