Biglietto di solo andata per il carcere, ecco chi ha preso l'ergastolo a Cosenza
Le stagioni delle “guerre di mafia” nell’area urbana di Cosenza fanno parte ormai del passato. Oggi la zona calda è quella della Sibaritide, dove è in atto un vero e proprio repulisti da parte della ‘ndrangheta ionica. Chiunque dà fastidio o prova a minare gli equilibri raggiunti tra la zona di Cassano Ionio e Corigliano Rossano viene eliminato. Senza se e senza ma. Era così anche a Cosenza. Parliamo degli anni ’80, anni ’90 e 2000. Periodi in cui le strade erano insanguinate e dopo le 20 scattava il cosiddetto “coprifuoco”. Il tutto si è placato dopo la prima “pax mafiosa” raggiunta nel 2006 che ha generato poi la prima confederazione del 2008. Lo raccontano i pentiti, anche se un boss del calibro di Francesco Patitucci smentisce tutto. Cosa? L’alleanza con gli “zingari” di via Popilia, non il suo status di “mafioso”.
I tempi di “Missing”: raffica di ergastoli
Non sono stati anni facili quindi per la magistratura, alle prese con continue minacce e indagini delicate da portare a termine nel più breve tempo possibile. Grazie anche ad investigatori di primo livello e al contributo dei collaboratori di giustizia. Nulla infatti fu lasciato al caso e ogni singolo elemento indiziario venne valutato attentamente per costruire un mosaico investigativo quasi granitico. Ci sono stati dunque due momenti decisivi nella lotta alla ‘ndrangheta cosentina. Prima con l’operazione “Missing”, coordinata dalla Dda di Catanzaro, nella persona dell’allora procuratore aggiunto Mario Spagnuolo. Ergastoli a dire basta per i vari Pasquale Pranno, Domenico Cicero, Franco Perna, Romeo Calvano, Giovanni Abruzzese, Gianfranco Ruà, Gianfranco Bruni e tanti altri.
Il duplice omicidio Lenti-Gigliotti: Ruà e Bruni condannati all’ergastolo
Poi è arrivata una seconda stagione di lotta al crimine organizzato cosentino, con le varie operazioni denominate “Terminator” che toccarono i boss Ettore Lanzino, Franco Presta – colui il quale che avrebbe “incoraggiato” l’anarchico Alfredo Cospito a portare avanti la battaglia contro il “41 bis” – più altri soggetti come Mario Gatto e Gianluca Marsico che facevano parte sempre del clan “Lanzino” di Cosenza. La storia più recente invece ci porta indietro di quasi 40 anni, quando a Cosenza vennero uccisi brutalmente Francesco Lenti e Marcello Gigliotti, attirati in una trappola nei pressi di Falconara Albanese. In montagna, come tanti delitti di mafia eseguiti in Sila o tra i monti che sovrastano la costa tirrenica cosentina.
Il duplice omicidio “Lenti-Gigliotti” giaceva nei comodini della Dda di Catanzaro da tanti anni. C’erano però le dichiarazioni dell’ex boss di Cosenza, oggi storico pentito, Franco Pino. Così il gruppo di lavoro coordinato dall’allora pubblico ministero Pierpaolo Bruni decise di mettere mano al fascicolo. Il magistrato di Crotone riordinò le carte, procedendo nei confronti di Francesco Patitucci, Gianfranco Bruni, Gianfranco Ruà e Franco Pino. Fu uno degli ultimi atti eseguiti dal pm crotonese prima di dirigere per quasi sei anni la procura di Paola.
Oggi gli ergastoli comminati dalla Cassazione a Gianfranco Bruni e Gianfranco Ruà chiudono parzialmente il cerchio. Si attende, in tal senso, la decisione dei giudici di secondo grado della Corte d’Assise d’Appello di Catanzaro che dovranno esprimersi sulle posizioni di Francesco Patitucci e Franco Pino. Il boss in primo grado a Cosenza è stato condannato al “fine pena mai”, il collaboratore di giustizia a otto anni di reclusione.
Il delitto di Luca Bruni: l’ergastolo a Rango e Sottile
Ma c’è ancora un fronte aperto tra la magistratura e la ‘ndrangheta. Si tratta dell’omicidio di Luca Bruni, ammazzato il 3 gennaio 2012 a Castrolibero, dalla cosca degli “zingari” di Cosenza. Per questo delitto sono stati condannati Franco Bruzzese, Daniele Lamanna e Adolfo Foggetti, tutti e tre pentiti e beneficiari dell’articolo 8. Chi ha pagato a caro prezzo la deliberazione del piano omicidiario ai danni dell’ultimo esponente della famiglia “Bruni” bella bella di Cosenza sono stati Maurizio Rango ed Ettore Sottile.
Il primo sta scontando l’ergastolo, come richiesto in primo grado sempre dal pubblico ministero Pierpaolo Bruni, che all’epoca era titolare del procedimento penale denominato “Nuova Famiglia”; il secondo invece ha subito la condanna all’ergastolo nel processo di primo grado dopo un travagliato iter giudiziario. Sentenze che dimostrano come la lotta alla ‘ndrangheta a Cosenza e dintorni sia stata sempre una priorità per chi ha operato alla Dda di Catanzaro, come nel caso di Bruni e di tanti altri colleghi che hanno disarticolato le cosche cosentine. Arresti e condanne che hanno scosso la ‘ndrangheta, che com’è noto mal digerisce l’azione repressiva dei magistrati antimafia.
Allarmanti nel recente passato sono stati i segnali contro Pierpaolo Bruni raccontati da alcuni pentiti (tra cui Ernesto Foggetti) i quali hanno riferito di progetti delittuosi contro il magistrato calabrese. Bruni è rimasto nel mirino del crimine anche dopo il passaggio a Paola, come dimostrano le minacce rivoltegli da un indagato per un’inchiesta sulla pesca del Tonno rosso e da un soggetto che sarebbe legato alla ‘ndrangheta crotonese condannato in appello a Salerno.