Capomolla: «Le vittime del "racket" collaborino con le forze dell'ordine»
Assente il procuratore Nicola Gratteri, è toccato al procuratore aggiunto Vincenzo Capomolla presiedere la conferenza stampa organizzata in procura a Catanzaro circa l’inchiesta antimafia coordinata contro la presunta ‘ndrina di San Lucido, capeggiata dalla famiglia Calabria. Il procuratore Capomolla, dall’alto del suo equilibrio istituzionale, ha chiarito che i contenuti dell’indagine si basano su quello accertato dagli investigatori che dovrà essere valutato poi nel corso del contraddittorio tra le parti. In parole povere: le accuse vanno provate in un giusto processo.
Superata la premessa in ordine alla norma sulla “presunzione d’innocenza“, voluta dall’ex ministro della Giustizia Marta Cartabia, il procuratore Capomolla ha illustrato l’inchiesta, riferendo che a San Lucido sarebbe nata una ‘ndrina con la “benedizione” delle cosche confederate cosentine, la quale avrebbe compiuto estorsioni e danneggiamenti contro piccoli e grandi commercianti della zona, fino ad arrivare nel comune di Amantea.
L’attività d’indagine, inoltre, è stata caratterizzata dall’acquisizione delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia nonché dall’enorme compendio intercettivo, che avrebbe permesso di fare luce su alcune dinamiche criminali dell’area interessata. Ma v’è di più. In merito al traffico di sostanze stupefacenti, sarebbe emerso – per come dichiarato da Capomolla – che i Calabria di San Lucido prendevano la droga da Cosenza, mentre quelli di Paola – riconducibili al gruppo Tundis – si sarebbe rifornita nel Reggino, precisamente a Gioia Tauro. «Vorremmo sollecitare e incoraggiare le vittime di danneggiamenti a scopo estorsivo a collaborare di più con le forze dell’ordine che operano sul territorio in modo silenzioso. Gli investigatori lavorano per ricostruire quanto accaduto nell’interesse della collettività» ha detto Capomolla in conferenza stampa.
“Affari di famiglia”, i numeri del blitz antimafia tra San Lucido e Paola
Sono 18 gli indagati destinatari della misura della custodia cautelare in carcere, 7 invece ai domiciliari, 9 sottoposti all’obbligo di dimora nel comune di residenza, un divieto di dimora e due divieti di esercitare l’attività d’impresa.
La gravità indiziaria, conseguita, allo stato, sul piano cautelare, attraverso gli articolati e complessi approfondimenti investigativi, ha riguardato l’assetto e l’operatività di una associazione armata di tipo ‘ndranghetistico, sul territorio ricompreso tra i comuni di San Lucido, Falconara Albanese, Fiumefreddo Bruzio e Longobardi con tendenza all’espansione verso le aree limitrofe, con rapporti di alleanza con altre articolazioni criminali operanti nella città di Cosenza.
In tale contesto, nell’ordinanza cautelare, nei confronti degli indagati attinti dalle rispettive misure adottate, è stata ritenuta, allo stato, la gravità indiziaria, tra l’altro, per i delitti, in materia di armi, l’intestazione fittizia, abusivo esercizio del credito, estorsione, tentata e consumata, anche mediante danneggiamenti, ai danni sia aziende, piccole e grandi, di esercizi commerciali e imprese del territorio, nei diversi settori economici, ovvero ai danni di imprese provenienti da altre aree geografiche ed impegnate in lavori pubblici.