Dal carcere di Castrovillari un progetto di casa famiglia per detenute madri
Il direttore della casa circondariale, Giuseppe Carrà, illustra l’idea ai nostri microfoni: «C’è una legge che lo permette, non è giusto che i bambini vivano in un carcere»
Una difficoltà enorme, quella di crescere dei figli in una struttura carceraria, che però può essere arginata. Le strutture ICAM, Istituti a custodia attenuati per detenute madri, sono costituiti in via sperimentali dal 2006 proprio per consentire alle donne con figli in carcere di tenere con sé figli e figlie sotto i sei anni. Al loro fianco, nel 2011 sono state istituite le case famiglia protette, sempre per madri detenute.
La “riconquista della libertà” correndo dietro a un pallone: Dentro la notizia in diretta dal Carcere di CastrovillariAl momento in tutta Italia sono sei in totale le realtà di questo tipo, quattro ICAM e due case famiglia, una a Roma e una a Milano. Da Castrovillari, il direttore della casa circondariale Giuseppe Carrà spiega che si sta lavorando per creare nel Pollino la terza casa famiglia in tutta Italia: «Nonostante la nostra realtà abbia la sezione nido, si tratta pur sempre di un carcere. L’idea che il bambino segua la madre può essere anche giusta nello spirito del legislatore, perché così non si stacca, ma un infante non può vivere in un carcere perché qui vede solo sbarre, agenti di polizia penitenziaria e detenuti». Così nasce l’idea per una nuova realtà.
«Dobbiamo dare dignità a questi bambini»
La legge per gli ICAM esiste da quasi vent’anni, quella per le case famiglia da quindici. Eppure gli istituti complessivi sono meno di dieci. «Allora noi dobbiamo lavorare – aggiunge Carrà – affinché il bambino non si stacchi dalla madre, che continua a scontare la propria pena, ma in una struttura lontana dal carcere. È una legge all’avanguardia, ma che purtroppo in Italia è paralizzata»
Si tratta di un progetto che permetterebbe ai figli e alle figlie di madri detenute di poter vivere una situazione di normalità nonostante una genitrice costretta a scontare una pena. «Per questo ci stiamo lavorando e lavoreremo con il vescovo, Monsignor Savino, per trovare una casa famiglia qui a Castrovillari. La madre dev’essere reclusa, ma dev’essere reclusa fuori dal carcere: in queste case famiglia – spiega Carrà – non ci sono agenti, ci saranno luoghi comuni, il bambino potrà andare a scuola: tutte le necessità, insomma, che un infante deve avere»
I problemi di ICAM e Case Famiglia
C’è da dire che, comunque, sia ICAM sia Case Famiglia protette nel corso degli ultimi anni non abbiano vissuto propriamente periodi d’oro. Stando al report del 2024 di Osservatorio Antigone, le madri recluse in Italia erano un anno fa ventitré con ventisei figli. Ad oggi, nel rapporto 2025, si parla di quindici madri e altrettanti bambini. Numeri per fortuna in discesa rispetto alle percentuali pre-Covid, ma che non devono abbassare il livello di allerta sull’argomento.
Questo anche perché, stando alle ultime news, soprattutto la situazione ICAM non è assolutamente rosea. Quello di Lauro, ad Avellino, storicamente fra gli Istituti per madri detenute più popolati, è al momento inattivo e, secondo le ultime notizie di stampa riportate sempre dal 21° rapporto Antigone, sarà destinato a ospitare una Rems. Attualemente i bambini sono in totale quindici: tre a Milano, altrettanti a Venezia, due a Torino, sei nel carcere di Rebibbia e uno a Perugia. E a peggiorare la situazione c’è il nuovo decreto legge sicurezza.
I rischi del nuovo decreto legge sicurezza
La fonte delle notizie è sempre il 21° rapporto Antigone, che spiega come il dl abbia «cancellato l’obbligo del rinvio dell’esecuzione della pena per donne incinte o con prole inferiore a un anno di età». In buona sostanza, una donna entra in carcere subito anche se è incinta o se ha un bambino appena nato. E cosa succede in tal caso? Se il bambino ha meno di un anno, obbligatoriamente ICAM; se il bambino invece è fra l’anno e i tre anni, può andare anche in carcere ordinario «qualora le misure di sicurezza lo richiedano».
Sempre nel dl si introduce per la prima volta la possibilità che il bambino venga sottratto alla madre nel caso in cui la condotta della donna non risulti adeguata. Il carcere di Castrovillari, in tal senso, prova ad andare controcorrente. Per garantire ai piccoli e alle piccole, ospiti loro malgrado della casa circondariale, una vita diversa da quella che li vedrebbe coinvolti pur senza colpe.