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30/06/2023 ore 16.00
Cronaca

Cassano, i consigli del vecchio boss: «Denunciate chi vi chiede il pizzo»

Leonardo Portoraro invitava gli imprenditori a non cedere alle pressioni della nuova cosca, negli atti di "Athena" un possibile movente del suo omicidio
di Marco Cribari

I Forastefano da una parte, gli Abbruzzese dall’altra e lui nel mezzo. Era nella posizione più scomoda possibile, Leonardo Portoraro, e questo potrebbe spiegare le ragioni della sua uccisione avvenuta il 6 giugno del 2018. Nei suoi ultimi mesi di vita, il crimine per come lo conosceva lui era profondamente cambiato. Pensava ancora di poter dire la sua, di riuscire a opporsi al nuovo ordine aveva preso il sopravvento a Cassano e nella Sibaritide. Tentava di farlo da posizione trafelata e non frontalmente. Sperava così di ritagliarsi uno spazio di manovra e di sopravvivenza, ma non aveva compreso che in quel contesto lì, uno come lui, ormai, era di troppo.

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Negli atti dell’operazione “Athena” si parla anche di lui. Anzi, è “Narduzzo” stesso a parlare attraverso intercettazioni raccolte quand’era ancora in vita e nessuno ancora immaginava che di esse, un giorno, ne sarebbe stato fatto un utilizzo postumo. Due, in particolare, aiutano a comprendere quanto pericolosi fossero per lui quei giorni. Quei dialoghi lo vedono a colloquio con altrettanti imprenditori, uno attivo nel settore edile e l’altro in quello dell’ortofrutta. Ad accomunarli è lo stesso destino: il clan degli zingari li vessa con continue richieste estorsive. E così, in tempi diversi, entrambi si rivolgono a lui sperando di ottenere protezione. Non finirà bene. E quei dialoghi risuonano oggi di un’eco sinistra.

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Uno degli imprenditori coltiva pesche e ogni settimana è costretto a consegnarne diversi quintali agli Abbruzzese. In seguito, lui stesso riferirà agli inquirenti cosa ebbe a dirgli in proposito Portoraro: «Mi disse che non poteva fare niente, ma mi consigliava di non dar loro più nulla, perché altrimenti mi avrebbero chiesto sempre più merce». Diceva il vero, il vecchio padrino si era espresso proprio in quei termini, come dimostra una captazione fra lui e un suo sodale in cui commenta gli stessi avvenimenti. «Se siete imprenditori e non volete avere a che fare, quando vengono denunciateli» sbotta Portoraro, rivolgendosi idealmente alle vittime. Seguono poi parole sprezzanti all’indirizzo dei nuovi boss: «Questi, quando vanno una volta in galera… ci vanno due volte… non ci vanno più perchè sono vigliacchi. Non è che sono cristiani, che… dice: “Oh, mi hai denunciato… t’ammazzo!”. Perchè sono uomini di merda!». È il 15 settembre del 2017, gli restano solo nove mesi di vita.

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Un copione analogo scandisce la disavventura dell’impresario edile. Gli zingari si riforniscono da lui di asfalto, cemento e materiale inerte senza versargli un soldo. E lui, non sapendo più a che santo votarsi, il 30 gennaio del 2018 si confida con Portoraro. «Gli ho sempre detto che qua non dovevano venire» se ne lamenta quest’ultimo, rivendicando un’antica supremazia. Tempo pochi giorni proprio lui si presenta sul cantiere in compagnia di uno dei Forastefano. Quest’ultimo è lì per prelevare altro materiale, ma stavolta a pagamento. Promette di conciliare di lì a pochi giorni e a garantire per lui è proprio Portoraro. Come andrà a finire, sarà l’imprenditore a raccontarlo in seguito agli investigatori. Nelle settimane successive, il vecchio padrino lo contatta più volte per chiedergli se Forastefano avesse onorato il debito. «Io ogni volta rispondevo di no e pertanto era proprio Narduzzo a esortarmi a non fornirgli ulteriore materiale».   

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È un fatto, dunque, che sul tramonto della propria esistenza Leonardo Portoraro si sia messo di traverso sulla scena criminale della Sibaritide. In almeno due occasioni, ha ostacolato la routine estorsiva della nuova borgata di ’ndrangheta dominante nella zona. Qualcuno di loro è venuto a saperlo? Era consapevole dei rischi a cui andava incontro? C’entra qualcosa, tutto questo, con la sua successiva eliminazione? Da allora è passato un lustro e quel delitto è ancora insoluto: ignoti sono i mandanti e gli esecutori materiali, così come lo è il movente. Una sola cosa è certa: in quei giorni nubi cariche di piombo si addensavano su di lui e un po’ su tutta la Sibaritide. Cinque anni dopo, non si sono ancora diradate.