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27/03/2024 ore 11.12
Cronaca

Celebrazione social per la morte del boss Lanzino, un dolore che non può appartenere a una comunità

Raffica di messaggi alla notizia della sua dipartita. Non si discute il cordoglio alla famiglia da parte di chi conosceva i suoi stretti congiunti, ma la mancanza di una presa di distanza dallo stile di vita di chi agisce (o ha agito) contro lo Stato
di Antonio Alizzi

La morte di Ettore Lanzino, boss di ‘ndrangheta, da cui egli non ha mai inteso dissociarsi, ha scatenato centinaia di commenti sui social. La nostra pagina Facebook, così come tante altre, ha raccolto messaggi di condoglianze alla famiglia in un momento triste e doloroso per la compagna, i figli e gli altri stretti congiunti. C’è da chiedersi, però, se la società civile cosentina sia davvero pronta a un riscatto definitivo verso coloro i quali hanno scritto pagine terribili della storia cittadina.

Non è in discussione il cordoglio, ma la riverenza nei confronti di un uomo che i processi hanno descritto come un mafioso a tutto tondo. D’altronde, non è la prima volta che in Italia avvengono episodi simili, ovvero una “celebrazione social” per la scomparsa di un esponente della criminalità organizzata, vale a dire soggetti legati a Cosa Nostra, alla Camorra o alla ‘ndrangheta.

Ettore Lanzino, come abbiamo scritto in un altro servizio, ha condotto una vita al di fuori dei limiti di legge, dando mandato di uccidere uomini che non erano in linea con il suo potere criminale. Ma ha sempre tenuto lontani gli affetti dal suo mondo, marcio e sanguinario. Ed allora, se le “sentite condoglianze alla famiglia”, possono trovare una giustificazione, ciò che emerge dai post è un dolore condiviso che non può appartenere a una comunità che deve ripudiare la mafia e ogni forma di sopruso. Ciò che sorprende in questi casi è la mancanza di una presa di distanza dallo stile di vita di chiunque agisca contro lo Stato.