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01/12/2025 ore 18.41
Cronaca

Cosenza, “cresta” sui rimborsi comunali: tre anni a Cirò

Il tribunale condanna l’ex segretario particolare di Mario Occhiuto. L’avvocato Francesco Chiaia: «Impugneremo la sentenza»

di Antonio Alizzi

Il tribunale collegiale di Cosenza ha condannato Giuseppe Cirò a tre anni di reclusione, accogliendo solo in parte le richieste della Procura, che aveva invocato una pena pari a quattro anni e sei mesi. L’imputato, difeso dall’avvocato Francesco Chiaia, era chiamato a rispondere di truffa, falso e peculato per fatti risalenti agli anni in cui ricopriva il ruolo di segretario particolare dell’allora sindaco di Cosenza, Mario Occhiuto.

Secondo l’impianto accusatorio, Cirò avrebbe gonfiato e simulato rimborsi per missioni istituzionali tra il 2014 e il 2017, appropriandosi di circa ottantamila euro attraverso richieste di pagamento per viaggi e pernottamenti mai effettuati, attribuiti al primo cittadino o a sé stesso. La vicenda esplose nel marzo 2017, quando Occhiuto, accortosi dell’ammanco, lo licenziò e lo denunciò in Procura, sostenendo di non essere mai stato informato delle operazioni compiute dal suo collaboratore.

Pochi giorni dopo, la posizione processuale si intrecciò con nuove dichiarazioni: Cirò ammise i prelievi, ma sostenne di aver agito su presunto mandato del sindaco, versione sempre respinta dalla difesa dell’ex primo cittadino, assolto in via definitiva in questo processo svoltosi per Occhiuto con il rito abbreviato.

All’esito del dibattimento, il collegio ha ritenuto Cirò unico responsabile delle condotte contestate. A margine della sentenza, l’avvocato Chiaia ha dichiarato: «Le sentenze non si commentano, si impugnano. Bisognerà capire perché e come mai Cirò sia rimasto l’unico responsabile delle condotte contestate», ha detto ai nostri microfoni. Il Comune di Cosenza, costituitosi parte civile, era rappresentato dall’avvocato Nicola Rendace.

La nota di Giuseppe Cirò

Giuseppe Cirò è intervenuto così: «Prendo atto della sentenza di primo grado, pur non condividendone in alcun modo le conclusioni. È una vicenda lontana negli anni, riemersa oggi, che nulla ha a che vedere con il mio operato. Continuo a credere nella giustizia e sono certo che nei successivi gradi di giudizio emergerà la verità».