Cosenza, la Dda: «Mario Piromallo partecipò a due summit di 'ndrangheta»
Per la Dda di Catanzaro Mario “Renato” Piromallo è uno dei presunti promotori ed organizzatori della confederazione di ‘ndrangheta operante tra Cosenza, Rende e Roggiano Gravina. Lo ha sostenuto il pubblico ministero Vito Valerio nel corso del secondo giorno di interventi relativi al processo abbreviato di “Reset“. Il magistrato antimafia, che insieme al sostituto procuratore Corrado Cubellotti, coordina il procedimento penale contro i clan cosentini, ha ripercorso la storia giudiziaria di Piromallo, evidenziando anche che nei processi “Terminator IV” e “Vulpes“, le gravi accuse di associazione mafiosa non avevano retto nei rispettivi gradi di giudizio.
Processo “Reset”, la posizione di Mario “Renato” Piromallo
Secondo l’ufficio di procura antimafia, diretto oggi dal procuratore facente funzioni Vincenzo Capomolla, l’imputato Mario “Renato” Piromallo, avrebbe partecipato a due summit di ‘ndrangheta. «Le investigazioni di Reset – ha affermato il pm Vito Valerio – da un lato rinvigoriscono quegli elementi già presenti nei procedimenti precedenti e soprattutto attribuiscono oggi a Mario Piromallo la sua piena adesione alla associazione in forma confederativa e gli restituiscono questo indiscutibile ruolo di organizzatore e promotore
I pm antimafia di Catanzaro ritengono inoltre che Piromallo sia una figura decisiva «importante e anche atipica, se vogliamo, all’interno dell’associazione. Innanzitutto il compendio probatorio e eterogeneo, è ampio e si tratta di elementi tutti convergenti, facciamo riferimento alle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, quelli più tradizionali, quindi da Luciano Impieri, fino a quello più recente di Roberto Presta; ma soprattutto ci sono degli elementi di carattere tecnico che ci restituiscono questo ruolo di organizzatore e promotore. Cito tra i più importanti, la partecipazione di Piromallo a due summit di ‘ndrangheta, che nella progettazione accusatoria sono appunto delle riunioni strategiche ai fini della sopravvivenza, organizzazione e piena operatività dell’associazione» ha aggiunto il pm Vito Valerio.
I due presunti summit di ‘ndrangheta
«Il primo è il summit a casa di Patitucci, così come censito dalle ambientali e siamo al 17 maggio nel 2020. È un summit importante, al quale parteciperà tra gli altri anche Salvatore Ariello, alla presenza» della moglie di Gianfranco Bruni «in ordine al sostentamento in carcere, alla corresponsione dello stipendio a Gianfranco Bruni nonostante le difficoltà, le assente difficoltà economiche di recupero dei crediti dalle varie attività illecite sul territorio. Ma non solo, oltre a questa indicazione ci sono poi le preoccupazioni di Patitucci» visto il periodo Covid, «le rassicurazioni alla moglie sulla sorte del figlio di Gianfranco Bruni a trovargli un posto di lavoro, che sia nelle cooperative, che sia come magazziniere, sempre sotto lecita ovviamente dell’associazione e della confederazione».
Il secondo presunto summit di ‘ndrangheta «di assoluto rilievo e dimostrativo ampiamente del ruolo di organizzatore e promotore di Mario Piromallo è quello del 16 luglio del 2019, ovvero l’incontro a casa di Massimo D’Ambrosio, alla presenza del fratello Adolfo, di Montualdista, di Ariello, in cui si organizza la prosecuzione delle attività dell’associazione secondo nuovi assetti relazionali, quindi diciamo una sorta di rinnovato asse tra Adolfo D’Ambrosio e Mario Piromallo detto Renato, in competizione, chiamiamola così, con l’asse che si era nel frattempo creato tra Di Puppo e Porcaro. Ma ancora, la posizione strategica di Mario Piromallo si legge anche nella sua attività di mediazione in relazione all’estorsione contestata al capo 3 ai danni di Ariosto Artese e di un’altra persona offesa».
L’intervento degli zingari
«Si tratta di un’attività, di un’iniziativa estorsiva intrapresa dagli zingari, infatti il capo 3 è contestato a Gennaro Presta, su soggetti che in realtà sono collocati sotto l’ala di protezione di Renato Piromallo e in ragione di ciò si registra l’intermediazione, la mediazione a supporto delle due persone offese sia da parte di Renato Piromallo, che di Roberto Porcaro. Con una proiezione anche di questo intervento di mediatore anche su un settore delicato di investimento, che è quello dei rifiuti speciali e su questo, tra l’altro, convergono oggi le dichiarazioni di Roberto Porcaro che testimoniano questo interesse in qualche modo specifico e individuale di Mario Piromallo su questo specifico settore di investimento illecito».
Le dichiarazioni dei pentiti
Inoltre, secondo la Dda di Catanzaro, le dichiarazioni di Ivan Barone, dello stesso Roberto Porcaro e di Francesco Greco, blindano sostanzialmente la sua posizione ai sensi del comma secondo del 416 bis e sulle quali ovviamente alla luce delle riflessioni e argomentazioni sulla attendibilità di questi collaboratori, sulla credibilità di Porcaro e Greco ne abbiamo già parlato, di Barone ne parleremo in chiusura stamattina» ha aggiunto il pm Valerio.
«Possiamo assolutamente ritenere che ci sia una convergenza piena che non consente di ritrovare alcuna lettura alternativa rispetto alla posizione di Renato Piromallo, nemmeno la sua degradazione a mero partecipe; perché si tratta di un profilo personalistico di assoluto rilievo nell’associazione e di soggetto attraverso il quale l’associazione nella sua forma confederata mantiene la sua pervasività sul territorio, con riferimento a tutti i settori di attività illecita. Perché Mario Piromallo dimostra attraverso gli elementi contenuti in questa attività di indagine di essere un soggetto dotato di grande autonomia, autonomia ed eterogeneità nell’esercizio delle specifiche attività delittuose» ha sottolineato la Dda di Catanzaro.
«Piromallo? Scaltro e intelligente»
Infine, il pm Vito Valerio ha evidenziato «l’autonomia di Mario Piromallo, perché è un soggetto molto scaltro dal punto di vista investigativo, un’intelligenza criminale se vogliamo, anche spiccata, laddove si concentra appunto nell’individuazione di settori di esercizio di attività illecite che diano il massimo risultato economico con il minimo sforzo e la minima esposizione criminale possibile alle investigazioni». Ricordiamo, però, che dal punto di vista cautelare la Corte di Cassazione ha confermato “soltanto” la contestazione relativa all’associazione mafiosa, respingendo le ricostruzioni relative alle presunte intestazioni fittizie di beni.