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05/02/2024 ore 07.59
Cronaca

Cosenza, la scalata del clan degli zingari. Dai furti al traffico d'armi internazionale

L’esistenza della loro associazione mafiosa è stata accertata in via giudiziaria solo nei primi anni Duemila, conseguenza dei processi “Lauro” e “Sybaris”
di Marco Cribari

I furti d’auto erano il loro pane quotidiano al pari di altri reati minori. Un recinto in cui sembravano confinati senza possibilità d’uscita. Acqua passata. Vent’anni sono stati sufficienti ai gangster di etnia rom per imporsi sulla scena criminale della provincia di Cosenza. Poco più del doppio, invece, è il tempo da loro impiegato per raggiungere livelli che nessuno avrebbe mai pronosticato e che li ha portati a trafficare persino con i broker internazionali della droga e delle armi. È il parziale epilogo di un gioco, crudele e pericoloso, che va avanti da quasi mezzo secolo. Una partita con il morto. Su un tavolo in cui le carte si mescolano in continuazione.  

Bevilacqua alias Tonino “il biondo”

Un’ascesa per certi versi irresistibile quella dei clan cosiddetti nomadi – o «degli zingari» – di cui gli investigatori si sono accorti tardi, quando erano già in odore di grande slam.  L’esistenza della loro associazione mafiosa è stata accertata in via giudiziaria solo nei primi anni Duemila, conseguenza dei processi “Lauro” e “Sybaris”. La genesi del gruppo delinquenziale, però, risale a molto tempo prima. Più precisamente alla fine degli anni Settanta, quando con Armando Bevacqua alias “Tonino il biondo” emerge la prima figura di riconosciuta di boss. Oltre a indiscutibili qualitàcriminali, a consegnargli lo scettro è anche lo status di figliastro del vecchio padrino di Cosenza, Luigi Palermo detto “U zorro”.

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