Cosenza, Roberto Porcaro aveva una "talpa" negli uffici giudiziari
Conosceva in anticipo il contenuto delle intercettazioni. E se la polizia piazzava una cimice o una telecamera a scopo investigativo, lui lo veniva a sapere. Che Roberto Porcaro avesse degli ottimi agganci con le forze dell’ordine, fino a poco tempo fa era solo un sospetto. Ora, però, è quasi una certezza. Dalle dichiarazioni di Danilo Turboli, infatti, emergono numerosi particolari sulle fughe di notizie riservatissime che dagli uffici giudiziari finivano dritte nelle mani dell’ex boss di Cosenza. Le intercettazioni, ad esempio, «gliele portavano su pennette Usb».
Turboli, com’è noto, ha iniziato di collaborare con la giustizia alla fine del 2022, ma nel maggio successivo si è pentito di essersi pentito e ha deciso di rientrare nei ranghi. I verbali con le sue confessioni sono comunque entrati nel processo “Reset” e buona parte di quei racconti è incentrata proprio sulle prodezze criminali del suo ex mentore, Roberto Porcaro. Che quest’ultimo, con riferimento a indagini e attività affini, fosse beninformato e sempre sul pezzo, Turboli lo deduce da alcune esperienze di vita vissuta.
Nel 2018, tornato in libertà dopo un periodo di detenzione, incontra Porcaro e si accorge di come egli fosse informatissimo sul contenuto dei colloqui svolti in carcere con i familiari e registrati dagli inquirenti. Il boss non gli spiega come sia venuto in possesso di quelle informazioni, ma poco tempo dopo dà ulteriore prova di avere una o più talpe a disposizione tra le forze dell’ordine. A colloquio con uno spacciatore del gruppo, infatti, gli consiglia «di non parlare in macchina perché è intercettato» e di quelle intercettazioni, lui sostiene di conoscerne il contenuto. In quell’occasione lo rimprovera per aver partecipato a un festino in un bar di Rende, stappando per l’occasione una bottiglia di champagne. Da quel particolare il pusher comprende che il suo non è un bluff. Chi gli passava tutte quelle informazioni? Turboli non lo sa, ma a questo punto il diretto interessato lo avrà già chiarito a chi di dovere. E quando dai suoi verbali si solleverà il velo degli “omissis”, lo sapremo pure noi.
Le intercettazioni non le veniva a sapere solo in anticipo, Porcaro riusciva anche a prevenirle. In due occasioni, infatti, Turboli sostiene di aver ricevuto da lui l’incarico di rimuovere altrettanti dispositivi audio-video piazzati in via degli Stadi per spiare i movimenti dell’allora boss. In entrambi i casi Turboli riferisce di essersi mosso a colpo sicuro, seguendo le indicazioni del suo capo: una telecamera era nei pressi di un casolare abbandonato, un’altra proprio davanti alla sua abitazione. In entrambi i casi, i carabinieri l’avevano nascosta all’interno di una cassetta dell’Enel.