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09/07/2024 ore 20.49
Cronaca

Cosenza, ultima condanna (mite) per il duplice omicidio Chiodo-Tucci

Solo dieci anni a Saverio Madio che quella sera in via Popilia guidava l'auto dei killer, ha ottenuto l'attenuante della partecipazione minima al delitto
di Marco Cribari

Era alla guida della Lancia Thema che il 9 novembre ha fatto capolino nell’ultimo lotto di via Popilia, a Cosenza, preludio sinistro al crepitio dei kalashnikov. Quel giorno, però, Saverio Madio ignorava di fare da autista a un commando determinato a uccidere. E’ sulla scorta di questo convincimento che l’uomo ha ottenuto il riconoscimento della partecipazione minima al duplice omicidio di Aldo Benito Chiodo e Francesco Tucci, il che equivale per lui a una condanna più che mite: solo dieci anni di carcere.

Non era facile dimostrarlo, lo certifica l’andamento travagliato del processo prima che le tesi dei difensori Filippo Cinnante e Aldo Truncé trovassero accoglimento. Dopo i ventotto anni e sei mesi incassati in primo grado, infatti, il riconoscimento della partecipazione minima per Madio era scattato in Appello, fissando la sua pena a dodici anni e otto mesi. Nel capitolo finale del processo, un ulteriore ricorso difensivo aveva poi indotto i giudici di Cassazione a disporre un’ulteriore rideterminazione al ribasso, cosa che è avvenuta nelle scorse ore. Tale circostanza, aveva comportato lo stralcio della sua posizione da quella degli altri imputati per i quali a novembre del 2023 è stata pronunciata una sentenza definitiva che parla di ergastoli (Antonio e Fiore Abbruzzese) e trent’anni di reclusione a testa per Celestino Bevilacqua e Luigi Berlingieri. Ora, con la definizione della posizione di Madio, il processo è consegnato agli archivi.

Il duplice delitto Chiodo-Tucci rappresenta un momento di svolta nella storia criminale della città perché pone fine all’alleanza, in vigore all’epoca, tra il clan degli zingari e quello degli italiani. In quei giorni, i due gruppi si spartiscono il mercato della droga, ma le ripetute violazioni dell’accordo, operate dalla cosca nomade, creano attriti e ostilità che esplodono il 9 novembre del 2000. Quella sera, bersaglio designato dei killer della cosca nomade è Chiodo, contabile del clan italiano. Tucci si trova lì per caso, è l’uomo sbagliato nel posto sbagliato, tant’è che viene falciato insieme a lui dalle raffiche di mitra. Un terzo uomo, ferito a una mano, riesce a fuggire e a mettere in salvo la vita.

Alla verità giudiziaria si è arrivati grazie alle confessioni di Franco Bevilacqua alias “Franco i Mafarda”, uno dei partecipanti alla spedizione assassina pentitosi nel 2001. Le sue dichiarazioni sono rimaste a lungo isolate, ma ad esse dal 2016 in poi, si sono aggiunte quelle di Franco Bruzzese che hanno consentito agli inquirenti di chiudere il cerchio.