Sezioni
23/05/2023 ore 17.24
Cronaca

Cosenza, un carabiniere e un poliziotto condannati per le "soffiate" ai boss

Sette anni e sei mesi di pena alle due presunte talpe in divisa, erano accusate di corruzione e concorso esterno in associazione mafiosa
di Marco Cribari

Erano accusati di aver passato informazioni riservate alla malavita in cambio di soldi e altre regalie e, purtroppo per loro, tali sospetti hanno trovato conferma in aula. Almeno per ora. Sette anni e sei mesi di condanna, infatti, sono stati inflitti all’ex poliziotto Vincenzo Ciciariello e al già carabiniere Antonino Perticari, oggi entrambi in pensione, mentre nove anni e sei mesi sono quelli assegnati al faccendiere Enrico Francesco Costabile. A parziale consolazione, le pene più severe invocate nei loro riguardi dalla Dda di Catanzaro: nove anni ai due uomini in divisa, addirittura undici al terzo imputato. Rispondevano tutti di corruzione e concorso esterno in associazione mafiosa.

Contro di loro, c’erano alcune intercettazioni telefoniche e le dichiarazioni di collaboratori di giustizia che li indicano come “talpe” del clan Rango-Abbruzzese. Si chiamava così la borgata criminale a composizione mista zingari e italiani che, a partire dal 2012, aveva preso il comando delle operazioni criminali in città e nell’hinterland, imponendo sulla scena boss emergenti come Maurizio Rango, Adolfo Foggetti e Franco Bruzzese. L’ipotesi della Procura era che, per consolidare il proprio potere, ognuno di loro si fosse avvalso nel tempo del contributo di insospettabili servitori dello Stato.

In tal senso Perticari, carabiniere di lungo corso conosciuto come “Nino il messinese”, avrebbe cominciato a fare il doppio gioco molti anni addietro, passando informazioni del suo ufficio al giovane gangster Michele Bruni detto “Bella bella”. A riferirlo, è la pentita Edyta Kopaczynska, vedova polacca dello stesso Bruni. A seguito della morte del marito – avvenuta nel 2011 per cause naturali – “Nino” si sarebbe messo al servizio dei suoi successori, Rango in primis. Non a caso, cinque intercettazioni ambientali lo immortalano nell’abitazione dello stesso Rango in quelle che vengono definite «visite di cortesia» e non di servizio. È grazie a lui, ad esempio, che nel 2013 il padrone di casa sarebbe venuto a sapere della presenza di una microspia nella sua abitazione, mentre in una successiva conversazione, sempre Perticari lo invita a desistere dall’estorsione ai danni di un commerciante poiché afflitto da gravi problemi economici.

Ciciarello, invece, non avrebbe avuto contatti diretti con gli uomini d’onore: a fare da tramite tra lui e la cosca, era Costabile. Anche l’ex ispettore della Mobile, come il Messinese, è stato riconosciuto colpevole di aver fornito informazioni riservate sulla presenza di telecamere, cimici, e di aver avvisato i diretti interessati nell’imminenza dei blitz delle forze dell’ordine. Uno in particolare, quello denonimato “Nuova famiglia”, che il 27 novembre del 2014 ha trascinato in carcere l’intero organico dei Rango-Abbruzzese. Il sospetto, però, è che proprio grazie alle delazioni compiute sull’asse Costabile-Ciciarello, quel giorno, tre indagati siano riusciti a sottrarsi alla cattura. In cambio dei suoi servigi, l’ispettore avrebbe ricevuto soldi e benefit quali pezzi di ricambio per la sua auto e finanche biglietti della discoteca per i suoi congiunti. Quella pronunciata oggi è solo una sentenza di primo grado con i difensori Rossana Cribari, Giuseppina Carricato, Filippo Cinnante, Roberto Le Pera e Antonio Quintieri che affilano le armi in vista dell’Appello.