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29/01/2025 ore 20.41
Cronaca

È calabrese il detenuto che si è impiccato nel carcere di Vigevano: l'uomo aveva 55 anni

Parla l'avvocato di Salvatore Rosano: «La sua morte poteva essere evitata se il magistrato di sorveglianza avesse considerato che si trattava di un soggetto fragile, come avevamo documentato. Tra l’altro aveva restituito tutto»
di Redazione

Il detenuto che si è tolto la vita ieri pomeriggio nella sua cella del carcere di Vigevano, impiccandosi, si chiamava Salvatore Rosano ed era di origini calabresi. Cinquantacinquenne, si era trasferito da anni in Lombardia e lavorava come dipendente dell’Atm, l’azienda di trasporto pubblico di Milano. Era stato arrestato il 3 dicembre scorso per una rapina che aveva fruttato soltanto 55 euro e avrebbe terminato di scontare la sua pena nel 2027.

Gli agenti della polizia penitenziaria sono intervenuti tempestivamente e hanno allertato il 118. Rosano è stato trasportato all’ospedale della città, ma è deceduto poco dopo.

Secondo quanto dichiarato dal suo avvocato, Rocco Domenico Ceravolo, del Foro di Palmi, «la morte di Rosano poteva essere evitata solo se il magistrato di sorveglianza avesse considerato con il dovuto buon senso quanto gli era stato rappresentato. E cioè che trattavasi di soggetto fragile, com’era stato documentato attraverso la produzione di un’apposita certificazione, e che già quando era in stato di libertà aveva tentato di porre in essere atti della stessa natura. Rosano, tra l’altro, aveva non soltanto restituito il provento dalla rapina, ma aveva anche risarcito il danno alla parte offesa».

«Avevamo chiesto al magistrato, in attesa che il Tribunale di sorveglianza valutasse l’applicazione di una misura alternativa alla detenzione – ha detto ancora l’avvocato Ceravolo – di scarcerare Rosano, affidandolo in via provvisoria ai servizi sociali».
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