Sezioni
12/05/2023 ore 08.30
Cronaca

Erba da Cetraro e coca da Cosenza, le due vie della droga per San Lucido

La Dda ritiene di aver individuato i canali di rifornimento del presunto clan Calabria-Tundis, determinanti le intercettazioni e gli spostamenti di Porcaro
di Marco Cribari

La marijuana l’acquistavano a Cetraro, la cocaina a Cosenza. Sono questi, secondo la Dda di Catanzaro, i canali utilizzati dal presunto clan Calabria-Tundis per rifornirsi di droga. Un’ipotesi che ha fatto scattare l’accusa suppletiva di associazione a delinquere finalizzata al narcotraffico per diversi membri del gruppo. In gran parte dei casi, se non in tutti, si tratta di «droga parlata». Agli atti, non figurano sequestri di stupefacenti eseguiti dalle forze dell’ordine, ma solo una sfilza di intercettazioni ritenute oggi incriminanti. In alcune di queste, si parla di approvvigionamento dei carichi illeciti. Nel resto delle captazioni, il blocco principale, sono immortalate le cessioni ai consumatori.

Leggi anche ⬇️

L’esistenza di una sponda cetrarese emerge a marzo del 2019, da un dialogo rubato attraverso cui si evince che il gruppo di San Lucido stia per concludere l’acquisto di trenta chili d’erba. Per farlo, si rivolgono a un soggetto ritenuto storicamente vicino al clan Muto che dispensa loro consigli su come conservare il prodotto. «Io utilizzo una cisterna» spiega il fornitore, sconsigliando invece il ricorso a serre «perché sai che caldo che fa!», con il rischio dunque di far deperire i fiori. In seguito, la marijuana sarà stipata in bidoni poi sepolti in un terreno adiacente a una falegnameria.

Il rapporto con Cosenza, invece, rimanda a un patto stipulato negli anni precedenti con il boss Francesco Patitucci. Quest’ultimo, per dirla con il pentito Daniele Lamanna, avrebbe concesso ai Calabria «di amministrare ‘ndranghetisticamente» San Lucido e dintorni, imponendo però il proprio gruppo criminale come loro fornitore esclusivo di cocaina. Accordi lontani nel tempo, dicevamo, perché sull’argomento in questione si era espresso già nel 2015 un Adolfo Foggetti allora fresco di pentimento, rivelando un particolare in più: nel caso in cui Cosenza fosse sprovvista della merce richiesta, San Lucido era autorizzata a rifornirsi in quel di Rosarno.

Leggi anche ⬇️

Al riguardo, le odierne indagini hanno aggiunto ben poco, se non un paio di incursioni marittime di Roberto Porcaro, ovvero l’uomo che negli ultimi anni ha affiancato e poi sostituito Patitucci ai vertici dell’organizzazione. Sempre nel 2019, prima a marzo e poi a dicembre, gli investigatori lo avvistano a San Lucido, una volta a bordo di un’auto e poi in sella a uno scooter, e in entrambi i casi si dirige verso la residenza Calabria-Tundis. Sono incontri fugaci, che si concludono nel giro di pochi minuti, ma per la Dda non vi sono dubbi che Porcaro fosse lì nelle vesti di corriere. E che la busta bianca che aveva con sé rimandasse proprio a una consegna di droga. Che sia vero o no, ora potrebbe essere proprio il diretto interessato a dirlo visto che, da alcune settimane, anche lui collabora con la giustizia.

Clienti di lusso, ma a loro volta anche fornitori di una cellula di spacciatori paolani. Il sospetto, infatti, è che nella città di San Francesco, il gruppo di San Lucido avesse un referente, il 42enne Salvatore Caruso, al quale rivendeva droga che l’uomo poi provvedeva a smerciare in modo autonomo. Anche nei suoi riguardi e in quelli dei suoi presunti complici è scattata la contestazione associativa che la Dda voleva non solo finalizzata al narcotraffico, ma anche armata. La richiesta degli inquirenti faceva leva sul ritrovamento, operato a ottobre del 2018, di due pistole e di una sfilza di proiettili rinvenuti nel sottotetto di un’abitazione riconducibile proprio a Caruso. Secondo il gip, però, «non sono emersi elementi tali da dimostrare un concorso di altri sodali nella detenzione di quelle armi», «né che l’arsenale fosse utilizzato per scopi afferenti al programma criminoso del sodalizio».