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01/10/2025 ore 06.30
Cronaca

Giuseppe Gaetani, due moventi per il delitto del furgone bianco

Il 2 dicembre del 2020 il falegname potrebbe aver pagato con la vita la sua vicinanza al defunto boss Leonardo Portoraro, sospetti indirizzati anche verso una relazione sentimentale “pericolosa”

di Marco Cribari

La maledizione di Leonardo Portoraro da una parte e lo spauracchio di un amore “proibito” dall’altra. Sono le due possibili spiegazioni che la Dda di Catanzaro associa all’omicidio di Giuseppe Gaetani alias “Scurzune”, il falegname di Cassano allo Ionio, ucciso a colpi di pistola il 2 dicembre del 2020 da sicari appostati nei pressi della sua abitazione. Cinque anni dopo, in carcere sono finiti i mandanti e almeno uno degli esecutori materiali di quel delitto, ma il movente che lo ha determinato resta ancora in bilico.

Portoraro, dicevamo, il vecchio padrino caduto anche lui in un agguato il 6 giugno del 2018 e del quale la vittima era uomo di estrema fiducia. Gaetani, incensurato ed estraneo agli ambienti criminali, era depositario di qualche confidenza scottante lasciatagli in eredità dall’anziano boss? È questo segreto che i suoi assassini hanno voluto cancellare?

L’altra pista rimanda alla relazione sentimentale che, da alcuni anni, la vittima aveva con una Forastefano. Un rapporto alla luce del sole, un’unione da cui era nata pure una bambina, ma che si sospetta fosse vissuta con un certo malanimo dai consanguinei della donna. Gaetani, infatti, era solito recarsi quotidianamente nella tenuta cassanese dei Forastefano per incontrare la figlioletta. La sua presenza era sgradita a tal punto da spingere i parenti della compagna a imbracciare le armi contro di lui?

Due moventi, dunque, e una sola spiegazione possibile. Quale? Nessun contributo, in tal senso, è arrivato dal cosentino Gianluca Maestri, il killer di Gaetani che dal 2023 collabora con la giustizia. «Vai e uccidi» gli avrebbero detto i committenti, ma come avviene in questi casi, senza spiegargli il perché. Poco male, perché proprio la sua testimonianza trasforma un sospetto della prima ora in una quasi certezza, e cioè che a decretare la morte di “Scurzune” sia stato il clan Abbruzzese-Forastefano, quello che dal 2016 terrorizza la Sibaritide.

Si tratta della nuova cosca nata per gemmazione tra due gruppi criminali, la famiglia rom degli Abbruzzese e gli “italiani” dei Forastefano, già protagonisti di una faida sanguinosa tra la fine del secolo scorso e l’inizio del nuovo. Chiusa quella lunga parentesi bellica, e ormai decimate da arresti e defezioni, le due consorterie si sarebbero riunite a partire dal 2016, inaugurando così una nuova stagione di omicidi eseguiti per imporre un nuovo ordine criminale nella Sibaritide. Una lunga scia di sangue in cui trova posto anche quello di Gaetani.

Il 2 dicembre del 2020, intorno alle 20.10, sta facendo rientro a casa a bordo della sua Mercedes. Imbocca il vialetto sterrato che conduce alla sua proprietà e, quindici secondi dopo, lo stesso varco è oltrepassato da un furgoncino bianco che percorre lo stesso vialetto. A bordo, c’è il commando assassino. Gaetani parcheggia, ha il tempo di posizionare il cambio automatico del veicolo sulla “P” quando il furgone si affianca a lui, il portellone laterale si apre all’improvviso e Maestri gli scarica addosso quattordici colpi di pistola.

Il bersaglio è ferito, ma riesce a trascinarsi per qualche metro mentre i familiari gli corrono incontro per soccorrerlo. L’autista del furgone, intanto, innesta la retromarcia e - «con calma surreale», annota il pm Alessandro Riello – fa manovra per abbandonare la scena del crimine. Gaetani è ancora agonizzante, seduto sotto il patio della sua abitazione. I familiari cercano di tranquillizzarlo, gli dicono che l’ambulanza sta arrivando. «No» risponde lui, con un cenno con la testa mentre stringe forte una mano amica. Non arriverà vivo in ospedale. Ventidue giorni più tardi, alla vigilia di Natale, avrebbe compiuto cinquant’anni.