Il "secondo tempo" di Celestino Abbruzzese a Reset: «Ecco quanto pagavamo eroina e cocaina»
di Antonio Alizzi
Il secondo tempo dell’esame dibattimentale di Celestino Abbruzzese, alias “Micetto”, è stato interessante quanto la prima parte condotta dal pubblico ministero Corrado Cubellotti, uno dei due titolari del procedimento penale “Reset“, l’inchiesta antimafia sulla ‘ndrangheta cosentina.
Il collaboratore di giustizia, ex componete criminale del gruppo “Banana”, gestito dai suoi fratelli, ha proseguito nelle dichiarazioni rispetto alle domande poste dalla pubblica accusa. La Dda di Catanzaro, sul punto, ha battuto ancora una volta la pista del narcotraffico degli italiani, contestazione non presente in “Reset“. Un argomento investigativo con proiezione futura, tanto per capirci.
Si riparte da Mario Perri
La ripresa dibattimentale è iniziata da Mario Perri, il quale «aveva rapporti anche con altri soggetti, faceva parte dell’operazione “Rango-zingari“, dove era stato arrestato per un’estorsione. Avevo appreso da Rango che era entrato nel gruppo. Con i miei fratelli, Luigi, Marco e Nicola, e mio cognato Antonio non aveva contatti, con mio fratello Antonio sì. Parliamo del 2012-2013», ha detto “Micetto” che un attimo dopo ha parlato di Alfredo Morelli: «Era il genero di Sandro Maestro e acquistava cocaina».
I prezzi di cocaina ed eroina
«L’eroina veniva acquistata a 33 euro al grammo, man mano siamo arrivati a 40 euro al grammo. La cocaina? A 60 euro al grammo la passavano ad Alfredo Morelli, prezzo accordato anche con Sandro Maestro. Il prezzo d’acquisto dai cugini cassanesi era di 40-45 euro al grammo per la cocaina, con Porcaro era la stessa cosa. Un periodo mio fratello l’aveva pagata anche a 50 euro al grammo. Inoltre, tra Ariello, Piromallo e Porcaro c’erano stati dei problemi con un altro soggetto e Ariello si vendicò sparando alla serranda di Alessandro Catanzaro, vicino a Porcaro» ha aggiunto Abbruzzese.
«Come gruppo, gli italiani erano uniti, a parte il disguido di cui ho detto in precedenza. C’erano colloqui con tutti, da Porcaro a Piromallo. La maggior parte degli incontri, ricordo anche con Rango e mio fratello Antonio, venivano fatti all’autodemolizione di Franco Casella. Incontri dovuti a problemi sorti tra “zingari” e italiani» ha spiegato.
«Con Franco Casella ho sempre avuto rapporti buoni e amichevoli, lui era una persona rispettosa e io rispettavo lui. Prima del mio arresto, erano scese persone da Cerignola e mi aveva informato che volevano parlare con la mia famiglia, in quanto c’era stato un “ammanco” di eroina, dal valore di 120mila euro, che interessava i Bevilacqua, nostri parenti. Quel giorno questi soggetti non sono riusciti a trovare l’abitazione dei miei fratelli. Poi tramite Cirò Marina contattarono i miei cugini di Cassano, nella persona di Nicola Abbruzzese “Semiasse”, il quale ne parlò con Luigi, mio fratello. Tra i cirotani e i cassanesi so che ci sono rapporti, ma non conosco le persone che tengono in piedi queste conoscenze».
«Casella non c’entra niente con la droga»
«Le riunioni avvenivano da Casella perché il luogo era adatto per fare questo. Se veniva qualcuno della “legge” c’era la scusa di dire: “Sono venuto per vedere un motore“. Casella conosceva i miei fratelli e sapeva dove abitassimo. Un giorno venne il figlio a risolvere una situazione. Se c’era qualche “mmasciata da fare riguardanti problematiche di “mezzo la strada” su favori che si potevano scambiare, lui era presente. Luigi e Marco sono stati chiamati all’autodemolizione per risolvere una questione con “Irilli”, ma Franco Casella non aveva rapporti di droga con i miei fratelli, metteva a disposizione lo “scasso” e faceva da tramite. Non so di altri fatti che riguardano i miei fratelli né la mia persona».
«Conosco Antonio Marotta, quando sono uscito dal carcere venne insieme a mio fratello Marco a dirmi che a Cosenza comandava Porcaro per gli italiani. Marotta faceva il tramite tra Roberto e Luigi, Porcaro gli doveva battezzare o cresimare uno dei figli. Era comunque partecipe dei miei fratelli su droga ed estorsione» ha detto “Micetto”.
Presta e Maestri
«Gianluca Maestri lo conosco, ci siamo cresciuti insieme. Abitavamo nello stesso quartiere. Un giorno Gianluca è stato a casa mia e in quella circostanza uno dei miei fratelli disse che faceva parte del gruppo per la droga e le estorsioni. C’è stato un periodo però che si era messo da parte, ma si è rimesso in gioco quando uscì dal carcere Gennaro Presta, erano infatti zio e nipote. Anche Maestri faceva parte di “Rango-zingari”, dal 2016 in poi si era avvicinato a noi, me lo diceva mio fratello Marco il quale mi disse che “Rango-zingari” sarebbe stato gestito da Gennaro Presta insieme a mio fratello Luigi e gli altri. Gennaro Presta, nel periodo di “Rango-zingari“, aveva il compito di fare le estorsioni, poi faceva spacciare la droga».
Da Gino Bevilacqua a “Mano Mozza”
«Con Gino Bevilacqua, papà di Cosimo, avevo rapporti di conoscenza nel senso che Gino mi passava la cocaina in macchina. Conosco Gianluca Benvenuto da molto tempo, era marito di una nostra carissima amica, faceva uso di droga e la comprava da me tramite Marco Paura. Ha avuto rapporti anche con Marco tra il 2017 e il 2018». «Fiore Bevilacqua, detto “Mano Mozza”, è mio zio. Con lui ho avuto solo una questione, quando fu picchiato Cesare D’Elia. Mano Mozza era vicino a Rango e poi a Strusciatappine, ultimamente, il 2018, quando sono venuti i miei fratelli a portarmi mia madre, prima del mio arresto, c’era stata una festa e questo significava che si era avvicinato ai miei fratelli. Facevano acquisti di droga, aveva a che fare anche con Andrea Greco e Albino Macario».
Celestino Abbruzzese ha riferito anche su Fabrizio Provenzano, l’avvocato Acciardi ha ricordato al pm che la procura antimafia di Catanzaro non ha inteso esercitato l’azione penale: «C’ho avuto a che fare prima del mio arresto nel 2010, per l’acquisto di cocaina. Non ricordo se avesse una sala giochi o un bar, vicino il centro commerciale di Rende. Lui è un ragazzo vicino a Mario Gatto, non so se abbia avuto contatti con i miei fratelli».
«Non conosco Andrea Vincenzo Caruso, ma conosco Andrea Caruso che abita a Vagliolise, era amico di mio cugino Franco Abbruzzese alias “Dentuzzo”. Passava da casa mia quasi tutti i giorni». E ancora: «Mio fratello Marco ha comprato alcune volte una “partita” di cocaina da Salvatore Ariello. Saverio Madio? Acquistava eroina nel 2009-2010 dai miei fratelli in via Popilia per venderla. Un periodo anche lui faceva il “sottobanco“».
La posizione di Eugenio Satiro
«Conosco anche Eugenio Satiro, so che gestiva un ristorante in Germania. Il 2013 quando sono uscito Andrea Greco mi propose di andarlo a trovare lì perché c’era la possibilità di comprare la cocaina a un buon prezzo. Andammo io, Gianluca Greco, il politico, mio cognato Antonio, Andrea Greco e ci recammo da Eugenio che ci avrebbe finanziato l’acquisto. Parlo di 35-40mila euro e mi ricordo che quando andammo in Germania, mio cognato aveva visto un’auto in una concessionaria e in quella circostanza fummo fermati dalla polizia tedesca. L’acquisto della cocaina fu fatto da Rango e poi ci siamo divisi i proventi, compreso Satiro» ha sottolineato.
C’è chi voleva la “testa” di Rango
«Conosco anche Luigi Berlingieri, detto il Cinese. Ci conoscevamo perché faceva parte del gruppo di Antonio Strusciatappine e di NInuzzo, parliamo del periodo antecedente al duplice omicidio Chiodo-Tucci. Con i miei fratelli? C’era una problematica prima dell’arresto di Rango con “Strusciatappine”. All’incontro c’era anche mio fratello Antonio, e tutti i presenti avevano chiesto la testa di Maurizio Rango. Rapporti con i miei fratelli non ce ne sono stati, so che lui ultimamente faceva furti di auto e camion e in una circostanza aveva rubato una macchina di Porcaro e i miei fratelli gliel’hanno fatta restituire».
«Francesco Stola abitava allo stadio, andavo spesso in quella zona. Gestiva le sedie e le televisioni nell’ospedale di Cosenza insieme al papà. Con me personalmente non aveva rapporti illeciti, ma so che era vicino a Roberto Porcaro». «Antonio Manzo lo conosco, è parente di Strusciatappine. Stava sempre al di fuori della vendita della droga, si occupava di altre cose, come usura e recupero di soldi».
La vicenda di Candreva
«Vincenzo Candreva», alias il “Vichingo“, «lo conosco perché ho condiviso con lui anche un periodo di carcerazione a Siano» ha riferito. «I rapporti che ha avuto con i miei fratelli sono quelli relativi a una macchina e un appartamento. L’auto non voleva pagarla perché “avanzava” soldi da uno degli Abbruzzese, detto Michele. Ci fu un confronto e la questione interessò anche un soggetto vicino ai miei fratelli che si occupava di auto. I miei fratelli si lamentarono con Candreva perché voleva i soldi prima della data pattuita. Candreva una prima volta li ha minacciati, mentre la seconda volta mio fratello Marco, insieme a Luigi, Nicola e Antonio, lo ha sparato».
Le altre posizioni
«Conosco Pasquale Bruni, il ragazzo che è più piccolo di me. Abitava nella traversa dell’autodemolizione dove il nonno aveva un autolavaggio. Con lui ho avuto rapporti solo una volta, quando ho acquistato hashish. Era una persona che “papariava“, visto che la sua attività era frequentata da esponenti delle forze dell’ordine. Mio fratello Marco ha acquistato da lui una Mini Cooper. Facevo uso di droga ma la rivendeva anche».
«Marco D’Alessandro lo conosco, ma non ho mai avuto a che fare con lui. So che era vicino ai Di Puppo, era il cugino del marito della sorella di mia moglie. Non so se avesse rapporti con altri italiani e i miei fratelli. Conosco pure i fratelli Alberto e Danilo Turboli, abitavamo in via degli Stadi nel portone di Maurizio Rango. Non so se avessero rapporti con altri soggetti della criminalità, con Danilo ci trovavamo in discoteca o in altri bar della città». Il pm ha ricordato che in un verbale aveva dichiarato altro: «Se ho detto quelle cose, confermo tutto».
Infine il discorso sulla “bacinella”. «Il 60% andava agli italiani e il 40% a noi. I soldi servivano per mantenere i detenuti e anche per acquistare sostanza stupefacente». Il pm Cubellotti ha chiesto delucidazioni anche sul “Sistema”: «Se la “roba” veniva presa dagli italiani o dagli “zingari” erano tutti autorizzati a spacciare, ma se non facevano così il soggetto in questione doveva dare il “pensiero” a uno dei due gruppi”.
Il controesame
L’avvocato Fabio Bonofiglio ha posto domande sul presunto incontro relativo alla venuta a Cosenza delle persone di Cerignola: «Non ricordo se ci vedemmo il 2016 o il 2017, ma penso più il 2017 perché stavo accompagnando mio figlio all’asilo. Lui era davanti all’officina e mi espose il fatto, ovvero che tre persone cercavano i miei fratelli e lui disse di averli mandati all’Ultimo Lotto». «Chi viene da fuori Cosenza non dice mai se è un trafficante o altro, dicono soltanto se conosci questo o quello. Lui sicuramente non li conosceva, ma combinazione quest’auto l’ho incontrata nella zona di via Popilia».
«Sono sicuro che fossero di Cerignola», ma il legale ha contestato una dichiarazione di “Micetto”, nella parte in cui il pentito disse che erano di San Luca o Rosarno: «Ciccio e Giovanni non c’entravano nulla con questo fatto, pensavo io che fossero questi, così ho detto a mio fratello, ma che fossero di Cerignola me lo ha detto Casella. Questi di Rosarno non avevano bisogno di farsi indicare dove abitavamo perché conoscevano bene la nostra casa, sapevano anche dove abitasse Strusciatappine. Queste persone di Cerignola sapevano comunque dove abitasse mio cugino Gino e cercavano i miei fratelli per rintracciarlo».
A seguire l’avvocato Vincenzo Guglielmo Belvedere. «Come faceva Casella a sapere che fossero di Cerignola? Glielo hanno detto loro». Il penalista ha poi parlato dell’autodemolizione: «C’erano Casella e Umile Lanzino, erano soci almeno dal 2000 in poi». Ma non sa se la società terminò nel 2005. «Non so quando uscì, non so neanche se fosse proprietario del terreno». Focus sulle riunioni: «Parlo prima dell’arresto di Rango», avvenuto nel dicembre del 2014. «Io non ho mai partecipato a queste riunioni, ma so per certo che risolvevano alcune situazioni all’interno dell’autodemolizione di Umilicchio o Franco, tipo quella tra Pasquale Bruni e Maurizio Rango. C’erano tanti esponenti degli italiani, come Rinaldo Gentile e altri». Ma il pentito ha detto che ci sono stati altri episodi: «Più volte ho salutato Rinaldo Gentile davanti allo “scasso”, lì dentro parlavano di tutto, anche di estorsioni». «Io non ho detto che Casella partecipava, ma soltanto che gli altri si recavano da lui a parlare di queste cose perché era un luogo storico».
Poi è stata la volta dell’avvocato Fiorella Bozzarello, per la posizione di Carmine Caputo. Il legale è partito dalla collaborazione della moglie: «Si è pentita per effetto della condanna». «Conoscevo Carmine Caputo dai tempi dell’infanzia, l’ho incontrato nel 2017 prima del periodo natalizio», ricordando il fatto di un hotel di Rende. «Lui arrivò da me dopo la ritorsione di Porcaro che voleva spararlo, dopo che venne a casa mia il fratello Giuseppe con i soggetti di cui ho riferito alla scorsa udienza. So che Carmine uscì dall’attività di sicurezza», ovvero che non faceva più parte della XXL e non aveva più rapporti con Porcaro.
«A Francesco De Cicco chiesi se potesse farmi fare le “bancarelle” intorno al centro commerciale» ha spiegato Celestino Abbruzzese, perché non aveva le stesse autorizzazioni dell’agenzia in capo ai Caputo. Altre domande sono state poste su Salvatore Ariello: «Il litigio con Porcaro avvenne prima del mio arresto, forse ad inizio 2018, o fine 2017». L’avvocato, al termine del controesame, ha chiesto di sentire il testimone di giustizia Antonio Tenuta.
L’avvocato Antonio Quintieri difende vari imputati: «Il primo reato che ho commesso? Ero minorenne, fu una rapina insieme a Pino Polimeni e Massimo Donato. Fui scarcerato dopo la misura dal tribunale della Libertà, poi iniziai a lavorare nel settore ortofrutticolo e in seguito in ambito edilizio». «I rapporti con i miei familiari? Sempre buoni, a parte il mio arresto del 2015, ma non conosco la motivazione sul fatto che loro si staccarono da me né ci tengo a saperlo. Aggiungo che feci pace, grazie ad Andrea Greco, con mia sorella e mio cognato. Poi dissero che io avevo preso le difese di Marco Paura perché quest’ultimo si era pentito».
Domande anche su Franco Abbruzzese, detto il cantante, l’artista della famiglia: «Fino al 2015 lui non c’entrava nulla con le attività illecite, poi mi favorì per il ritiro dei soldi delle estorsioni che facevo a Montalto Uffugo e Bisignano, di sicuro non faceva parte del gruppo». «Io mi sono avvicinato a mia sorella Rosaria nel settembre 2018, quando ero agli arresti domiciliari. Il nostro rapporto è ricominciato, come ho detto, tramite Andrea Greco, nel giorno in cui festeggiavo il compleanno».
L’avvocato Antonio Quintieri ha approfondito la posizione di Sergio Del Popolo. «Organizzava serate in piazza e aveva una bancarella dove vendeva giocattoli, una fissa vicino alla caserma dei carabinieri Paolo Grippo, l’altra mobile che portava nei paesi». Inoltre «aveva un rapporto di usura con Vincenzo De Rose, con il quale parlai di questa cosa». Si è parlato anche della Fiera di San Giuseppe: «Partiva dalla Massa e finiva nei dintorni del Comune», poi ultimamente «iniziava da piazza Valdesi e si sviluppava fino a viale Parco». Altra domande su Claudio Alushi, «oltre al fatto di Sganga non ho avuto alcun rapporto» e Denny Romano, il quale «si faceva voler bene da tutti i gruppi di Cosenza. A lui ho venduto una Golf Gt a benzina nel 2013, quando era ai domiciliari. Il passaggio di proprietà? Non lo abbiamo fatto perchè l’auto la riacquistò mio fratello Antonio e rimase intestata a me. In quel periodo non so se fosse affiliato».
Sugli atti intimidatori, uno a un tabacchino e l’altro a una panetteria, «mio fratello Marco era impaurito» per la moto in quanto non sapeva se il passaggio di proprietà fosse stato completato. «Io non ero presente, Marco mi diceva tutto». L’incarico di sparare «partì da casa dei miei fratelli, alla presenza di Maestri, poi a fare l’atto in sé si rese disponibile Romano ma non so la data precisa del mandato a compiere l’azione delittuosa». «Rocco Abbruzzese è il Pancione, aveva il vizio delle macchinette» ha detto Celestino Abbruzzese, ritornando sui fatti già esposti nella precedenza udienza. Il controesame proseguirà nella prossima udienza.
Processo “Reset”, rito ordinario: gli imputati
- Fabrizio Abate (difeso dall’avvocato Filippo Cinnante)
- Giovanni Abruzzese (difeso dagli avvocati Giorgia Greco e Antonio Quintieri)
- Fiore Abbruzzese detto “Ninuzzo” (difeso dagli avvocati Mariarosa Bugliari e Antonio Quintieri)
- Franco Abbruzzese detto “a Brezza” o “Il Cantante” (difeso dall’avvocato Antonio Quintieri)
- Rosaria Abbruzzese (difesa dagli avvocati Antonio Quintieri e Filippo Cinnante)
- Giovanni Aloise detto “mussu i ciuccio” (difeso dall’avvocato Gianpiero Calabese)
- Pierangelo Aloia (difeso dall’avvocato Giulio Tarsitano)
- Armando Antonucci detto il dottore (difeso dall’avvocato Enzo Belvedere)
- Rosina Arno (difesa dagli avvocati Luca Acciardi e Fiorella Bozzarello)
- Ariosto Artese (difeso dagli avvocati Luca Acciardi e Giorgio Misasi)
- Rosario Aurello (difeso dall’avvocato Ferruccio Mariani)
- Danilo Bartucci (difeso dall’avvocato Giuseppe Manna)
- Giuseppe Bartucci (difeso dagli avvocati Luca Acciardi e Nicola Carratelli) (clicca su avanti per leggere i nomi degli imputati)