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30/09/2025 ore 12.36
Cronaca

La Dda: «Gaetani ucciso da Gianluca Maestri, i mandanti sono due»

Svelate le accuse agli indagati finiti nel mirino del magistrato antimafia Alessandro Riello. Il pentito ha rivelato le fasi omicidiarie

di Antonio Alizzi

Nell’ordinanza cautelare sull’omicidio di Giuseppe Gaetani, firmata dalla Dda di Catanzaro, emerge una trama mafiosa che intreccia i destini delle cosche Forastefano e Abbruzzese, alleate per riaffermare il dominio sulla piana di Sibari.
Il delitto, avvenuto davanti all’abitazione della vittima, fu eseguito con una raffica di 14 colpi di pistola calibro 9x21, esplosi da un furgone affiancatosi all’auto di Gaetani. Una dinamica brutale che, secondo l’accusa, non fu frutto di improvvisazione ma di una meticolosa pianificazione.

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I ruoli degli indagati nell’omicidio Gaetani

Al vertice della decisione – scrive il pm antimafia Alessandro Riello – vi erano Pasquale Forastefano, detto “l’animale”, e Nicola Abbruzzese, alias “semiasse”. Forastefano avrebbe ideato e organizzato l’omicidio, segnalando persino al commando l’orario ideale per colpire. Abbruzzese avrebbe invece messo a disposizione il killer di fiducia: Gianluca Maestri, oggi collaboratore di giustizia.

Il sostegno logistico sarebbe stato garantito da Domenico Massa, che avrebbe fornito il capannone dell’azienda Agri a Cassano come base operativa, e curato il post-agguato, accompagnando Maestri a disfarsi degli indumenti. Un ruolo chiave viene contestato anche a Gianfranco Arcidiacono, che avrebbe gestito un cellulare dedicato alle comunicazioni dell’agguato, pronto a dare il via libera al commando al momento stabilito. Infine, Maurizio Massa, fratello di Domenico, sarebbe stato presente nel quartier generale mafioso, garantendo supporto materiale e contribuendo al rafforzamento del progetto omicidiario.

L’esecutore materiale

Il collaboratore di giustizia Gianluca Maestri viene indicato come l’esecutore materiale dei colpi di pistola che hanno ucciso Gaetani. A bordo del furgone, avrebbe sparato assieme a complici rimasti ignoti. La Procura contesta la premeditazione, dimostrata dall’accurata pianificazione, e la finalità di agevolare le cosche di ‘ndrangheta dei Forastefano e degli Abbruzzese, entrambe radicate a Cassano all’Ionio.