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09/07/2025 ore 13.57
Cronaca

La sentenza “Reset” e la lunga storia dei clan di 'ndrangheta a Cosenza

Da "Garden" a "Nuova famiglia", tutti i processi che hanno accertato l'esistenza di associazioni mafiose nella città dei Bruzi dagli anni Novanta a oggi

di Redazione

Da "Garden" a "Nuova famiglia", tutti i processi che hanno accertato l'esistenza di associazioni mafiose nella città dei Bruzi dagli anni Novanta a oggi

La sentenza “Reset” pronunciata nell’aula bunker di Castrovillari, seppur ancora di primo grado, aggiunge un ulteriore record all’albo nero delle associazioni mafiose che hanno operato a Cosenza e che sono state riconosciute definitivamente in via giudiziaria. Si tratta di un elenco che parte dagli anni Novanta ed è in continuo aggiornamento. In tal senso, la più recente inchiesta antimafia, già a partire dal suo nome in codice, sembra avere la pretesa di essere anche l’ultima del suo genere, almeno per quanto riguarda la città dei Bruzi. Solo il tempo ci dirà se è davvero così. Nell’attesa, ripercorriamo le precedenti indagini che hanno dato consistenza all’idea di ‘ndrangheta anche alle nostre latitudini.

Garden

Due sentenze, la prima della Corte d’Assise di Cosenza (9 giugno 1997) e l’altra della Corte d’Appello di Catanzaro (13 marzo 1999), divenuta irrevocabile il 3 luglio dell’anno successivo, certificano ufficialmente che a partire dalla fine degli anni Settanta, in città nel territorio cosentino si costituivano due associazioni di tipo mafioso organizzate e dirette una da Franco Pino e Antonio Sena, da Franco Perna e dai fratelli Mario e Pasquale Pranno. Due gruppi contrapposti e protagonisti di un sanguinoso conflitto per il controllo delle attività economiche e illecite sul capoluogo.

Il clan Perna-Pranno, che si poneva in continuità con lo storico boss Luigi Palermo alias “U zorru”, ucciso il 14 dicembre 1977, aveva tra i suoi elementi di spicco anche i fratelli Giuseppe e Francesco Saverio Vitelli. Pino, invece, poteva contare sull’adesione di alcuni giovani a lui fedelissimi come Ettore Lanzino, Francesco Patitucci, Gianfranco Ruà e Gianfranco Bruni. Si tratta di nomi che, come vedremo, saranno ricorrenti anche nelle inchieste dell’immediato futuro.  

Da sinistra: Franco Pino e Franco Perna

In quel contesto ha inizio la prima guerra di mafia che, dal 1978 al 1986, innesca una spirale tragica di omicidi che vede, peraltro, alcuni esponenti del gruppo degli zingari, in precedenza alleati di Perna, passare con la fazione rivale. Sempre all’interno del gruppo di etnia rom, matura proprio in quel periodo il trasferimento di una parte di loro da Cosenza nella Sibaritide, in particolare a Cassano dove, in seguito, cresceranno in numero e potenza.

Dopo essersi fronteggiati per anni, in un reciproco tentativo di annientamento, a partire dal 1986 i due gruppi avviano un principio di dialogo e, a quasi dieci anni dalla divisione traumatica e dall’inizio delle ostilità, si ricompattano per concentrarsi sugli affari che, con i grandi appalti pubblici, si profilano già all’orizzonte. L’ondata di arresti dell’operazione “Garden”, però, apre di fatto l’epoca delle collaborazioni, anche eccellenti (tra le quali quella dello stesso Pino e di Umile Arturi, il numero due della cosca). Il processo, alla fine, sancirà, tra le altre cose, il carcere a vita per Franco Perna e numerose condanne per associazione mafiosa. (Clicca su “Avanti” per continuare a leggere l’articolo)