Sezioni
04/02/2024 ore 13.30
Cronaca

«Lamanna e Foggetti hanno fornito diverse versioni sull'omicidio Marincolo»

Così la Cassazione ha annullato con rinvio le condanne patite nel primo processo di secondo grado da parte di Giovanni Abruzzese e Mario Attanasio
di Antonio Alizzi

La prima sezione penale della Cassazione nel mese di ottobre del 2023 aveva annullato con rinvio le condanne patite (30 anni di carcere ciascuno) in secondo grado da parte di Giovanni Abruzzese e Mario Attanasio, ritenuti dalla Dda di Catanzaro partecipi dell’omicidio di Francesco Marincolo e del tentato omicidio di Adriano Moretti, avvenuti a Cosenza il 28 luglio del 2004. Gli ermellini, però, avevano confermato le sentenze di colpevolezza per Umile Miceli (30 anni di reclusione) e per i pentiti Daniele Lamanna e Adolfo Foggetti, rispettivamente condannati in via definitiva a 8 anni e 2 mesi di carcere e 8 anni di reclusione. Carlo Lamanna, invece, non aveva presentato ricorso in Cassazione.

La causale dell’omicidio Marincolo

Secondo la ricostruzione accusatoria, l’omicidio di Francesco Marincolo – ritenuto all’epoca esponente del clan Lanzino – sarebbe maturato in un contesto di contrapposizione mafiosa insorta tra la cosca Lanzino e il gruppo Bruni-Zingari. La decisione di eliminare Marincolo sarebbe stata presa da Michele Bruni, successivamente deceduto, con il concorso – a vario titolo – degli attuali ricorrenti, nonché di Carlo Lamanna.

I richiami giurisprudenziali

Nel motivare l’annullamento con rinvio delle posizioni processuali di Giovanni Abruzzese e Mario Attanasio, la Cassazione ha ricordato i principi giurisprudenziali da richiamare nella valutazione degli elementi a disposizione dei giudici di merito affinché si possa arrivare a una sentenza di colpevolezza oltre ogni ragionevole dubbio. Secondo gli ermellini, nel caso in esame, i giudici della Corte d’Assise d’Appello di Catanzaro, relativamente ad Abruzzese e Attanasio, non hanno superato il vaglio motivazionale che le norme richiedono.

Omicidio Marincolo, le motivazioni della Cassazione

«Ad essere fondata, in entrambi i casi, è la denunzia di motivazione apparente circa la superata verifica di attendibilità dei dichiaranti Lamanna e Foggetti e circa la effettiva convergenza del portato narrativo da tali soggetti proveniente (in riferimento ad Abruzzese e Attanasio), con impossibilità di ricorrere – quanto alle posizioni qui esaminate – ad una affidabile prova di resistenza del residuo compendio probatorio» scrivono i giudici della prima sezione penale della Cassazione, accogliendo i motivi di ricorso presentati dagli avvocati Antonio Quintieri, Giorgia Greco, Matteo Cristiani, Luca Acciardi e Giuseppe Bruno.

La motocicletta consegnata a Michele Bruni

La Cassazione ha individuato il primo contrasto dichiarativo dei due pentiti – Daniele Lamanna e Adolfo Foggetti – circa la modalità della “consegna” a Michele Bruni della motocicletta utilizzata la mattina del 28 luglio del 2004 per realizzare l’omicidio. «La divergenza, infatti, vede non già su una condotta altrui (che potrebbe essere stata mal rievocata o mal percepita all’epoca del fatto) ma su una condotta “propria“, atteso che ciascuno dei due dichiaranti riferisce di aver realizzato tale segmento operativo».

Foggetti aveva affermato che «la mattina seguente tra le sei e le sei e trenta mi misi in sella alla moto…, e a bordo della moto raggiunsi la casa ove era latitante Michele Bruni», mentre Lamanna aveva dichiarato che «il giorno dell’omicidio, dopo essere stato accompagnato da Foggetti e Umile nel luogo di ricovero, intorno alle 8 io presi la moto e la portai a casa di Attanasio». Per la Cassazione «ognuno si attribuisce un segmento – non irrilevante – della condotta, peraltro con dovizia di particolari (viene evocato l’orario), il che effettivamente avrebbe imposto una verifica ulteriore di siffatto profilo, anche tramite l’esercizio di poteri istruttori ex art. 603 cod. proc. pen.. In ogni caso si tratta di una omessa risposta alle doglianze introdotte con l’atto di appello che impedisce – allo stato – di ritenere effettivamente “duplice” il contributo dichiarativo posto a carico di Attanasio e di Abbruzzese e rappresentato dagli apporti narrativi di Lamanna e di Foggetti. La valutazione dei contributi narrativi resta, allo stato, inibita, né può essere realizzata in sede di legittimità».

Le dichiarazioni Edyta? Non bastano

«Le residue fonti di prova, per come riportate nella economia complessiva delle argomentazioni esposte in sede di merito, non consentono di mantenere in essere la conclusione cui si è pervenuti – in sede di merito – in punto di responsabilità. Ed invero le fonti residue sono in massima parte de relato (tranne che per alcuni segmenti del fatto la Kopaczynska) e soprattutto non attribuiscono alcun ruolo nello specifico fatto delittuoso né a Giovanni Abbruzzese né a Mario Attanasio. Stessa cosa dicasi per i collaboratori Vincenzo Dedato, Giuliano Serpa, Carmine Cristini e Franco Bruzzese. Quanto alla Kopaczynska la dichiarante fornisce un contributo che, quanto alle due posizioni qui in trattazione, pur non essendo del tutto neutro, manifestamente non può essere ritenuto autosufficiente».

Nello specifico, la Cassazione ha evidenziato, relativamente a Mario Attanasio, «se è vero che la donna conferma l’ospitalità (di lei stessa e di Michele Bruni) presso l’abitazione Attanasio/Serpa, è esatto sostenere che da ciò non può dedursi un effettivo indizio di consapevolezza in capo ad Attanasio della attività delittuosa che quel giorno era in programma (come evidenziato nei motivi di ricorso). Residua la affermazione secondo cui, dopo la consumazione del delitto, Michele Bruni e Carlo Lamanna rientrarono presso l’abitazione “accompagnati da Mario Attanasio”, di certo rilevante, ma si tratta di una affermazione non assistita da altri dettagli, in quanto tale non decisiva in chiave di mantenimento della statuizione di responsabilità».

Infine, «quanto a Giovanni Abruzzese, la Kopaczynska lo indica come presente al “festeggiamento” successivo alla realizzazione del delitto, aspetto che può manifestare tanto la conseguenza di una compartecipazione progettuale che di una soddisfazione ex post e che dunque, parimenti, non appare decisivo ai fini qui considerati» conclude la Cassazione.