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21/09/2025 ore 11.19
Cronaca

Calunniò un magistrato calabrese, pentito condannato in via definitiva

La Suprema Corte ha reso definitiva la condanna a 5 anni per il collaboratore di giustizia Lo Giudice, che nel 2011 accusò falsamente il pm reggino

di Redazione

La Corte di Cassazione ha reso definitiva la condanna a cinque anni di reclusione per Nino Lo Giudice, collaboratore di giustizia ed esponente di spicco dell’omonimo clan di ’ndrangheta di Reggio Calabria. La Suprema Corte ha infatti dichiarato inammissibile il ricorso dei legali del pentito, confermando la sentenza della Corte d’appello di Firenze del novembre 2024.

Il procedimento trae origine da due interrogatori resi da Lo Giudice nel 2011 davanti all’allora procuratore di Reggio Calabria Giuseppe Pignatone e al sostituto procuratore Beatrice Ronchi. In quelle occasioni il pentito accusò Alberto Cisterna, oggi sostituto procuratore generale della Cassazione, di aver ricevuto denaro per favorire la concessione degli arresti domiciliari a Maurizio Lo Giudice, fratello del collaboratore, detenuto e gravemente malato.

Secondo la ricostruzione, Nino Lo Giudice dichiarò di aver appreso dal fratello Luciano che Cisterna avrebbe incassato una grossa somma di denaro per agevolare la scarcerazione. Una versione definita dalla Corte fiorentina come “palesemente calunniosa”, visto che gli accertamenti capillari condotti su vita e finanze del magistrato esclusero categoricamente qualsiasi illecito.

A seguito delle accuse, Cisterna era stato inizialmente iscritto nel registro degli indagati, ma la sua posizione venne archiviata proprio per mancanza di riscontri. I giudici hanno sottolineato che non vi fu mai prova che il magistrato avesse ricevuto denaro illecito o ingiustificato.

Il processo ha avuto un percorso complesso: dopo una prima assoluzione di Lo Giudice davanti alla Corte d’appello di Perugia, la Cassazione annullò la decisione disponendo il rinvio a Firenze, dove venne invece pronunciata la condanna ora confermata definitivamente.