Maila Micheli commuove Praia a Mare: il coraggio di denunciare dopo l’inferno degli abusi e delle violenze
A soli 15 anni viene costretta a prostituirsi dalla propria madre, che la manipola psicologicamente, la rende emotivamente dipendente e usa il suo corpo come bancomat. Fino al giorno della ribellione. La giovane, che oggi ha 29 anni, ha reso pubblica la sua storia per aiutare quanti hanno vissuto la sua stessa situazione
«Non so se si possa mai spiegare cosa significhi sentirsi tradita da chi avrebbe dovuto amarmi più di chiunque altro». Con queste parole intrise di dolore, tra lacrime e sguardi persi nel vuoto, Maila Micheli si è presentata al pubblico dell’incontro “Dai diamanti non nasce niente”, organizzato nelle stanze del Palazzo delle Esposizioni di Praia a Mare.
Quella di Maila, 29 anni, è una storia che trascina all’inferno, è la storia di un’infanzia rubata, di un’adolescenza costellata di abusi e violenze con la complicità della propria madre e di un’esistenza segnata per sempre. Ma è anche la testimonianza di un coraggio silenzioso che finalmente ha trovato voce. L’evento, moderato da Carolina Carravetta, è stato fortemente voluto da Isabella Bencardino, consigliere comunale della città dell’isola Dino con delega alla Cultura.
Un’infanzia segnata dal dolore
Maila nasce nel 1996 a La Spezia, in una famiglia apparentemente “normale”, benché già da bambina sia costretta ad assumersi responsabilità ben più grandi della sua età, come accudire il fratellino, cucinare o fare le pulizie domestiche.
Dopo la separazione dei genitori, Maila rimane con sua madre, “Chiara”, che comincia ad esercitare su di lei un controllo asfissiante, dando vita a un rapporto tossico. Sua madre la punisce col silenzio, la manipola psicologicamente e la rende emotivamente dipendente. Poi, fa anche peggio. Quando Maila ha soltanto dieci anni, sua madre comincia a mostrarle immagini sessualmente esplicite e decisamente inappropriate per la sua età. La piccola Maila è spiazzata e non capisce le intenzioni di sua madre e ancora non sa che quella è solo la punta dell’iceberg dell’orrore che sarà costretta a vivere.
Il vortice di abusi e violenze
L’inferno, come raccontato da Maila, arriva con l’adolescenza, a soli 15 anni: la madre, come testimonierà poi un lungo e doloroso processo, la costringe a prostituirsi, organizza incontri con “amici di famiglia” o conoscenti, in cambio di denaro. La vende, per anni, come merce al mercato e usa il suo corpo, fragile e ancora acerbo, come un bancomat. Poi usa il ricatto psicologico come un’arma: «Se non ti prostituisci, non hai diritto a nulla». E quando Maila prova a ribellarsi agli abusi, sua madre, per prima cosa, smette di dar da mangiare al suo cane, il suo unico amico, l’unica sua ragione di vita.
Così, comincia a mostrare i segni della sofferenza: entra nel tunnel dei disturbi alimentari, pratica autolesionismo e tenta persino di togliersi la vita. A fermarla è proprio il suo amico a quattro zampe che, intuendo la disperazione, scongiura il tragico epilogo bloccando le sue mani.
Il coraggio di denunciare
Maila trova il coraggio di dire basta il giorno in cui, di fronte all’ennesimo atto di ribellione, la madre fa sparire proprio il suo cucciolo, sapendo che è la cosa più cara che ha al mondo. Va via di casa, chiede aiuto ai servizi sociali, ma senza prove schiaccianti la spirale di violenza e manipolazione, le dicono, non può essere fermata.
Le istituzioni si attivano soltanto molti mesi dopo, quando la ragazza finisce in ospedale e i medici si trovano davanti a uno scenario inquietante: il suo corpo è vistosamente martoriato. Maila, che a questo punto della storia ha 17 anni, finisce in una struttura protetta.
La rinascita
Maila affronta un lungo processo in cui, ovviamente, è parte lesa. Il tribunale ripercorre la vicenda, certifica le violenze, riconosce i colpevoli dello strazio. Poi, sua madre viene colpita da una grave malattia e muore. Ma per la giovane non è una buona notizia. La morte di una madre è un pezzo di sé che si stacca e va via per sempre, anche quando la madre si chiama Chiara e ti ha costretto alla prostituzione a 15 anni. «Quando lo dico mi guardano in modo strano – dice ai nostri microfoni – ma sì, mi manca mia madre, mi mancherà sempre».
Maila prova a rinascere dalle ceneri, intraprende un percorso di psicoterapia, guarda in faccia i suoi traumi. Finalmente smette di sentirsi in colpa, si innamora e trova il coraggio di rendere pubblica la sua storia. La youtuber “Elisa True Crime” realizza un documentario che fa registrare milioni di visualizzazioni, poi siede sulla poltroncina del seguitissimo podcast “One More Time” condotto da Luca Casadei. Maila si confronta pubblicamente con il suo passato e lancia un messaggio potentissimo a coloro che stanno vivendo la stessa situazione: non c’è proprio nulla di cui vergognarsi, bisogna denunciare.
Una voce che vuole diventare speranza
La vicenda fa il giro d’Italia e Maila diventa simbolo della rinascita e testimone di forza e coraggio. Tra le città che ospitano il suo racconto c’è Praia a Mare, che sceglie la data del 27 novembre per ribadire che è necessario parlare di violenza ogni giorno dell’anno.
Maila parla con un filo di voce a un pubblico commosso fino alle lacrime, trema ad ogni ferita che si riapre ma non si ferma, non edulcora il racconto, sceglie di parlare senza filtri. Risponde a ogni domanda dell’interlocutrice, che, invece, ha la voce spezzata dall’emozione e dalla rabbia. Ad ogni parole, Maila apre la sua anima nella speranza che la sua verità possa essere d’aiuto a chi non ha ancora trovato la forza di denunciare.