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02/04/2025 ore 14.30
Cronaca

'Ndrangheta a Cariati, storia di proiettili e di "rispetto"

Un dialogo intercettato tra un imprenditore e il boss rivela secondo la Dda l'elevato grado di assoggettamento della popolazione locale alle organizzazioni criminali
di Marco Cribari

Scuse preventive. Sono quelle che il 17 giugno del 2020, un imprenditore di Cariati rivolge a Giorgio Greco, il presunto boss locale immortalato dall’inchiesta “Boreas”. Alcuni giorni prima, l’uomo è stato oggetto di visita notturna: qualcuno gli ha crivellato di proiettili le serrande dell’ufficio, ma a turbarlo non è tanto l’episodio in sé o che lo stesso possa ripetersi; semmai, il sospetto di aver inconsapevolmente mancato di rispetto a qualche pezzo grosso di Cirò. È questo timore che lo porta al cospetto di Greco. Nel dubbio, meglio scusarsi.

Nel dialogo intercettato, l’imprenditore mette subito le mani avanti: i carabinieri non li ha chiamati lui, bensì «una ragazza che ha trovato i bossoli per terra, io non me n’ero neanche accorto». A quel punto, era stato obbligato a formalizzare una denuncia – «Ho la carta, te la faccio vedere» – e, come da copione, i militari gli avevano posto le domande di rito: sei stato avvisato? Ti sei prestato soldi da qualcuno? La risposta: «Qua non è venuto mai nessuno, non è che posso dire diversamente, no?».

L’uomo si giustifica con il suo interlocutore: non è andato subito da lui per paura di essere pedinato dagli investigatori, ma gli dice di aver già interpellato qualcuno a Cirò che gli ha garantito la sua «intercessione», ma a un patto: «Guarda che sei mancato con qualcuno e io non lo so, me lo devi dire». In quel frangente, l’imprenditore ha replicato con piglio sicuro: «Ma io fino a mo’ mi sembra che non ho mancato con nessuno, né nei vostri confronti e nei confronti di nessuno», ma ciò che gli preme di più, in quel momento, è il giudizio di Greco a cui ripete la stessa litania: non è mancato per lui. «Ma ci mancherebbe» lo tranquillizza il boss.

Alla fine, verrà fuori che dietro quelle pistolettate c’era un fatto privato e non di ‘ndrangheta, ma per la Dda l’episodio è comunque sintomatico del «clima di assoggettamento cui la popolazione è sottoposta da parte delle organizzazioni criminali in indagine».