'Ndrangheta a Cosenza, il ritorno (inatteso) di Giulio Castiglia
di Marco Cribari
Un nome che sembrava ormai destinato all’oblio delle cronache, si riaffaccia, suo malgrado, sulle scene giudiziarie: quello di Giulio Castiglia. Tra gli indagati dell’operazione “Recovery”, infatti, c’è anche l’ex esponente del clan Perna-Pranno, oggi settantatreenne e già volto noto della vecchia malavita cosentina, al quale la Dda contesta la detenzione illecita di un’arma con l’aggravante della finalità mafiosa. Per lui è decisamente un brutto affare. Da circa tre anni, infatti, Giulio detto “Tonino” era tornato in circolazione, lasciando in anticipo una cella, in quel di Padova, a cui sembrava ormai destinato per il resto della sua vita.
Non a caso, sul suo groppone c’è una condanna all’ergastolo, incassata in via definitiva nel 2011, per un omicidio della prima guerra di mafia a cui ha preso parte anche lui: quello dell’allora diciottenne Angelo Cello consumato il 21 luglio del 1981. Dopo una quindicina d’anni trascorsi dietro le sbarre, però, il Tribunale di sorveglianza gli aveva concesso la semilibertà in virtù della sua condotta da detenuto modello e anche per la distanza di tempo siderale che lo separa dai crimini che ha commesso. Per lui, dunque, nel 2021 comincia in modo inatteso una nuova vita: il ritorno a Cosenza, un lavoro in pescheria e poi in carcere, sì, ma solo per dormire. Unica avvertenza: non farsi vedere in giro con altri pregiudicati e, soprattutto, stare lontano dai guai.
La missione di Luisiana
Il coinvolgimento di Castiglia scaturisce da una lite che, il 2 ottobre del 2023, coinvolge suo figlio William di 37 anni. Il ragazzo ha una discussione con alcuni uomini di etnia rom davanti a un locale di Rende. Quelli non la prendono bene e gliele danno di santa ragione. Non contenti, gli sottraggono pure l’automobile e la portano, come trofeo di guerra, nel villaggio di via degli Stadi. Dopo qualche ora, sua sorella Luisiana si reca da sola nel fortino degli zingari per andare a recuperare il veicolo. Virtualmente, di fianco a lei, c’è anche il suo compagno Gianfranco Sganga. È lui, infatti, che la donna contatta non appena si ritrova al cospetto degli aggressori del fratello. Poi passa il cellulare al leader del gruppo per consentire una discussione tra uomini. L’esordio è ossequioso – «Gianfancù, finalmente ci conosciamo di persona» – ma riguardo a William Castiglia, l’interlocutore non ammette vie di mezzo: «Deve venire qua, deve venire lui, Gianfrà, perché ha sbagliato di grosso con mio fratello».
«La mia soddisfazione»
Quella sera, infatti, il litigio sarebbe nato per un tavolino all’aperto già occupato dai ragazzi rom e che il figlio di Giulio pretendeva invece per sé. A far degenerare il tutto, però, sarebbero state le offese e le minacce rivolte al fratello dell’uomo che ora parla con Sganga. «Gli ha detto che lo ammazzava, che lui degli zingari non se ne frega niente. Prima cosa di tutto, noi non diciamo in giro che siamo zingari. Siamo abbastanza educati e non diamo problemi a nessuno». Sganga lo ascolta in silenzio e poi chiede: «Ok, cosa deve fare?». Quasi certamente, però, immagina già la risposta che sta per piovergli addosso: «Lui viene qui e non lo faccio toccare da nessuno. Me le prendo io le soddisfazioni, ti do la parola d’onore mia. E già ti faccio vedere quanto vale la mia parola d’onore. Poi, quando mi conosci di persona, puoi capire che tipo di persona sono. Lui viene qui, mi prendo la mia soddisfazione e gli do la macchina nelle mani. E ti dò la parola d’onore: sulla tomba di nonno e sulla vita di mia figlia che non lo tocca nessuno». (clicca su avanti per continuare a leggere)