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06/03/2023 ore 18.27
Cronaca

Omicidio di Lisa Gabriele, il telefonino della discordia

Gli investigatori tentano di rimetterlo in funzione dopo 18 anni, ma gli avvocati di Abate insorgono: «Atti inutilizzabili e diritto di difesa violato»
di Marco Cribari

Il cellulare di Lisa Gabriele non si apre. La Procura di Cosenza contava di rimetterlo in funzione per far luce sulla misteriosa morte della ventiduenne di Rose risalente al 7 gennaio del 2005. Tuttavia, quell’apparecchio ormai vetusto – modello Nokia 8310 – non vuole saperne di svelare i potenziali segreti che custodisce ormai da diciotto anni. L’accertamento irripetibile eseguito a Roma dai carabinieri del Racis, infatti, è per ora la cronaca di un fallimento. Problemi di alimentazione, e dunque di attivazione, hanno impedito agli specialisti in divisa di acquisire i dati custoditi nel telefonino. A quel punto, lo scorso 21 febbraio, gli uomini del Racis hanno provveduto a smontarlo, analizzandone le componenti elettroniche nel tentativo di dargli la “spinta” necessaria. Anche in questo caso, però, senza successo.

Cos’è che gli investigatori cercano di tirare fuori da quell’elettrodomestico in disuso? In mano hanno già alcuni dati provenienti dalla sim card allora in uso alla vittima: un elenco di telefonate, una decina in tutto, senza però indicazioni temporali e di durata delle conversazioni.  Informazioni che, in teoria, potrebbe restituire solo il telefono. E nell’ottica dell’accusa, datare quelle telefonate è importante per confutare l’alibi di Maurizio Mirko Abate, l’ex poliziotto della Stradale di Cosenza attualmente imputato per la morte della ragazza con l’accusa di omicidio volontario. All’epoca lui e Lisa avevano una relazione, ma secondo Abate non si sentivano né frequentavano più da diversi mesi. Il vecchio Nokia 8310 potrebbe smentirlo, dunque. E tale dato si aggiungerebbe agli altri, esclusivamente indiziari, già raccolti sul suo conto.

Le operazioni sul telefonino riprenderanno mercoledì. Al momento, investigatori e tecnici valutano anche la possibilità di sostituire le componenti ormai fuori uso del Nokia nella speranza di riuscire ad attivarlo, ma è uno sforzo che potrebbe risultare vano. Per i difensori di Abate, infatti, qualunque sia l’esito degli accertamenti, i risultati sarebbero comunque «inutilizzabili». Gli avvocati Marco Facciolla e Francesco Muscatello lo sottolineano in una lunga lettera in cui palesano «elementi di censura e di criticità processuali» al procuratore Mario Spagnuolo, al pm Antonio Bruno Tridico e all’ufficio gip-gup del Tribunale. Nel loro scritto i due legali ricordano come le indagini preliminari sul caso di Lisa Gabriele siano state dichiarate concluse il 6 dicembre del 2022 e a partire da quella data, dunque, il pubblico ministero «può compiere attività integrative a eccezione degli atti per i quali è prevista la partecipazione dell’imputato o del difensore». In tal senso, l’accertamento sui telefoni sembra rientrare proprio nell’ultima categoria.

A ciò si aggiunge anche il fatto che la vicenda giudiziaria di Abate è prossima alla conclusione: il 13 marzo riprenderà il suo processo in abbreviato, una settimana dopo arriverà la pronuncia della sentenza di primo grado. Rispetto a ciò, il telefono di Lisa è a disposizione del Racis dal 3 giugno del 2021: un anno e nove mesi fa.   E non solo. «I medesimi accertamenti potevano essere espletati già diciotto anni addietro» rimarcano Facciolla e Muscatello. Gli investigatori, infatti, hanno in mano quel telefonino già dal 9 gennaio del 2005. Perché lo stesso non è stato oggetto di verifica già nell’immediato?  Lo stesso pm, nella sua richiesta di misura cautelare a carico di Abate, accolta dal gip e poi annullata dal Riesame, paventava l’ombra di depistaggi dietro l’intera vicenda, ma pur dando per buona la presenza di un livello oscuro, i mancati accertamenti sull’apparecchio restano comunque di difficile spiegazione.

E ancora, gli avvocati dell’imputato stigmatizzano «il contegno dell’ufficio di Procura» anche sotto il profilo della forma. Le convocazioni per l’accertamento irripetibile, sia la prima di febbraio che quella imminente dell’otto marzo, sono state notificate loro solo a ridosso di ambedue gli appuntamenti, «il che – evidenziano – costituisce una chiara e consapevole (e di per ciò inaccettabile e inammissibile) compromissione del diritto di difesa».

A farli inalberare ulteriormente, però, è la possibilità di riattivare quel telefono sostituendo le sue parti elettroniche compromesse con quelle di altri dispositivi analoghi ancora funzionanti. A tal proposito, uno degli avvocati di parte civile si sarebbe detto disponibile a consegnare un Nokia 8310 in suo possesso, ma è un’eventualità che i difensori di Abate reputano «pittoresca e surreale», rispetto alla quale esprimono «netto, fermo e formale dissenso». In conclusione, Facciolla e Muscatello si riservano la possibilità di tutelare il loro cliente «in tutte le sedi preposte».