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09/07/2025 ore 13.48
Cronaca

Porcaro a Piazza Loreto per «prendere consigli da Alberto Turboli»

Focus dibattimentale sul gruppo di "Te Piasse", come lo chiamava Patitucci. Nel controesame è emerso invece che Sergio La Canna e Carmine Caputo non sono stati inseriti nell'elenco dei soggetti che ne farebbero parte attivamente

di Antonio Alizzi

Focus dibattimentale sul gruppo di "Te Piasse", come lo chiamava Patitucci. Nel controesame è emerso invece che Sergio La Canna e Carmine Caputo non sono stati inseriti nell'elenco dei soggetti che ne farebbero parte attivamente

Nuova udienza dibattimentale del processo ordinario di “Reset“, nel corso della quale la Dda di Catanzaro ha esaminato il teste Redavid, in servizio presso il Nucleo Investigativo del Comando provinciale di Cosenza. Focus sul gruppo Porcaro ritenuto dai pm antimafia parte attiva della presunta confederazione mafiosa di Cosenza, capeggiata a loro dire dal boss di Cosenza Francesco Patitucci, che chiamava “Te piasse“, il suo “ex” braccio destro Roberto Porcaro.

Il militare dell’Arma ha esordito il suo esame spiegando che Roberto Porcaro si recava spesso in piazza Loreto a Cosenza, luogo che era diventato una sorta di base operativa. Lì incontrava Alberto Turboli, da cui «prendeva anche consigli», dal chiostro dove Turboli vendeva frutta e verdura ai cosentini. Un’attività che «andava bene in quanto l’imputato aveva tanti clienti». Porcaro si recava in una delle piazze più affollate di Cosenza con diversi scooter. «Nella sua disponibilità ce n’erano alcuni» ha aggiunto l’ufficiale di polizia giudiziaria.

L’attività dibattimentale ha ampliato gli orizzonti su diverse posizioni. Trattasi di casi di esercizio abusivo dell’attività finanziaria, contestati nell’ambito del gruppo degli italiani. Il capo 20 della rubrica imputativa infatti si incentra su presunte attività delittuose a carico di tante persone offese, anche professionisti noti della città dei bruzi. Tra le persone poste a giudizio per questo capo d’accusa c’è Sergio La Canna che avrebbe prestato soldi a un medico odontoiatra cosentino che, secondo il teste, «era completamente assoggettato ad Alberto Turboli». Le intercettazioni infatti avrebbero fatto emergere altri debiti che la vittima avrebbe contratto con i presunti mafiosi, sotto la supervisione di Roberto Porcaro, i cui «figli sono “cresciuti” dalla famiglia dei Turboli».

Turboli nel corso delle giornate aveva ricevuto anche la visita di Silvia Guido, la quale «andò da Alberto per comunicargli che Porcaro era stato arrestato per l’omicidio di Giuseppe Ruffolo insieme a Massimiliano D’Elia». La persona offesa tuttavia era stato al centro anche di un’inchiesta dei carabinieri del Nas di Cosenza.

Il controesame

Il controesame è iniziato con i quesiti posti dall’avvocato Gianpiero Calabrese, difensore di Sergio La Canna. «Ha avuto contatti con altri soggetti oltre ad Alberto Turboli? No» ha risposto Redavid. «Ci sono altre intercettazioni di La Canna con altri soggetti, ad eccezione di quelle indicate nell’esame?» ha domandato il penalista. «Che io sappia no» ha replicato il carabiniere. L‘indagine su La Canna è durata 40 giorni, perché poi non sarebbero sopraggiunti altri elementi indiziari sul suo conto. L’odontoiatra «non è stato sentito perché quando mi sono recato a casa sua era in condizioni cliniche negative» ha specificato Redavid.

Nell’informativa dei carabinieri, ha fatto notare l’avvocato Calabrese, manca il nome di Sergio La Canna come «componente del gruppo Porcaro», ma viene menzionato in un’altra pagina come «collaboratore di Alberto Turboli». Poi è spuntata fuori una vicenda su cui vige il segreto istruttorio, ovvero una rottura dei rapporti tra Roberto Porcaro e Danilo Turboli, attività di polizia giudiziaria del 2019, che «non è al momento discoverata». Ossia, dopo quel periodo sarebbero sorti dei problemi tra i due. Probabilmente i dissapori sarebbero di natura “sentimentale” che in qualche modo Turboli aveva già esternato in un post su Instagram.

L’avvocato Fiorella Bozzarello, infine, ha chiesto se il teste Redavid si sia occupato delle indagini su Carmine Caputo: «Io no», ha detto il carabiniere. Non risulterebbero intercettazioni inoltre nelle quali Porcaro fa il nome dell’imputato che non compare nell’elenco dei soggetti vicini all’ex “reggente” della cosca “Lanzino-Patitucci” di Cosenza.

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