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11/09/2023 ore 08.30
Cronaca

Porcaro, il "prestito" di 150mila euro e l'avvocato: parla il pentito

Il pentito racconta una delle vicende contenute in "Reset", nella quale sono coinvolti cinque imputati, tra cui un legale
di Antonio Alizzi

Una delle vicende sulle quali Porcaro si è soffermato di più è senza dubbio il presunto caso di usura per una cifra complessiva che, tassi compresi, è arrivata a 150mila euro, con capitale pari a 80mila euro. Il fatto, nel giorno del blitz di “Reset“, aveva destato scalpore anche per la presenza di un avvocato, Rosa Rugiano, del foro di Castrovillari, raggiunta inizialmente da una misura meno afflittiva, poi annullata dal Riesame, così come il sequestro di beni revocato dai giudici nelle fasi successive al primo giudizio cautelare.

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Com’è avvenuto anche in altri verbali, anche in questo il collaboratore di giustizia ha inteso fare alcune precisazioni rispetto alla descrizione dei fatti riportati nei capi d’imputazione. «Verso la fine del 2015», Antonio Russo, un soggetto a lui vicino «che in particolare si occupava di usura e che in particolare avevo conosciuto tramite Mario Gatto nel 2009 circa, mi propose di effettuare un prestito di 70mila euro a suo cugino». Prestito che Porcaro racconta di aver fatto al suo amico perché la prassi da seguire era questa quando non si conosceva direttamente il soggetto a cui materialmente si consegnavano i soldi a tassi usurai, in questo caso intorno al 6/7 per cento.

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«Dopo una ventina di giorni» dice Porcaro, l’amico gli avrebbe chiesto un’ulteriore somma di 10mila euro da dare in prestito all’altro uomo «ad integrazione dei 70mila euro già dati» con «il tasso di interesse» che «rimaneva invariato». Il pentito afferma anche che la parte offesa «corrispondeva regolarmente il rateo usuraio mensile pattuito» ma «dopo tale periodo iniziarono i primi problemi perché» la persona offesa «non era più adempiente». E ancora: «Dopo qualche tempo io fui tratto in arresto nell’ambito del procedimento penale relativo all’omicidio di Luca Bruni e durante il mio periodo di detenzione continuò a non versare più alcuna somma di danaro».

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Antonio Russo, secondo quanto riferito da Porcaro, «era già sparito da 4/5 mesi prima del mio arresto» e «dopo 8/9 mesi dal mio arresto la mia misura fu gradata in quella degli arresti domiciliari ma la situazione non cambiò». Il pentito sostiene che «Russo continuava a non pagare però venne da me Giuseppe Perrone il quale iniziò una sorta di intermediazione con Antonio Russo al fine di risolvere questa questione».

Durante l’incontro, a detta di Porcaro, fu ribadito di mantenere fede agli impegni assunti, fino ad arrivare a tirare uno schiaffo alla vittima al fine di accelerare la risoluzione della questione debitoria. Ma poco dopo nella vicenda entra anche Aurelia Bracciaforte, moglie di Antonio Russo, la quale avrebbe chiesto al marito di ottemperare alla somma di denaro di cui erano debitori con Porcaro facendo “l’uomo”. Nel frattempo, il caso si arricchisce di nuovi elementi, poiché i coniugi Russo-Bracciaforte chiedono aiuto all’avvocato Rugiano che «aveva un rapporto di amicizia e professionale con Antonio Russo e che in quel periodo stava curando anche le pratiche relative al Tfr» della moglie della parte offesa.

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Porcaro riferisce di aver incontrato l’avvocato Rugiano in un bar (la foto in apertura si riferisce a una delle volte in cui si sono visti il boss e il legale) vicino la scuola agraria di Cosenza, «verso la fine del 2018, inizi del 2019». Nell’incontro il legale avrebbe spiegato «che si stava occupando del trattamento di fine rapporto della moglie» della vittima e che, ottenuto, un anticipo «mi avrebbe versato il denaro che mi spettava». Il secondo incontro si sarebbe verificato presso l’abitazione dell’ex “reggente” del clan “Lanzino” di Cosenza. «Devo dire che la stessa era perfettamente consapevole di come si erano svolti i fatti in quanto io stesso le ho ricostruito tutti i passaggi di questa articolata vicenda ma devo dire che lei già di suo era stata già perfettamente informata di tutto».

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Il pentito rivela anche di aver avuto una discussione con l’avvocato Rugiano. La diatriba «originava dal fatto che l’avvocato voleva trattenere per sé la somma di circa 5mila euro a titolo di parcella per le sue prestazioni professionali, cosa che effettivamente fece». «Invero dei 15mila euro complessivi che la stessa aveva nella sua disponibilità quale anticipo sul Tfr a me ne consegnò solo 10mila e i restanti 5mila euro li tenne per sé».

Infine, Porcaro chiarisce che Giuseppe Perrone e Giuseppe Broccolo avrebbero avuto un ruolo marginale in quanto non avrebbero partecipato «alla fase dell’accordo usuraio ma, come indicato nel capo d’imputazione, sono soggetti che subentrano in un momento successivo e hanno un ruolo di intermediazione tra me e Antonio Russo». Di questa vicenda «Silvia Guido non vi ha preso parte in alcun modo».