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18/06/2025 ore 17.30
Cronaca

Processo Reset, la mappa dei collaboratori: «Dichiarazioni coerenti, attendibili e decisive»

Il giudice Giacchetti esamina i percorsi collaborativi di diciassette soggetti, valutando attendibilità, contributi e limiti delle dichiarazioni rese nel cuore del procedimento sulla ‘ndrangheta cosentina
di Antonio Alizzi

Nel corpo delle motivazioni del processo abbreviato Reset, la giudice Fabiana Giacchetti dedica un’ampia sezione alla valutazione soggettiva e oggettiva dei collaboratori di giustizia. Un’analisi puntuale, nome per nome, che disegna una vera e propria mappa della cooperazione giudiziaria nel contesto della criminalità organizzata cosentina. Diciassette i nomi presi in considerazione, con esiti differenziati ma un comune denominatore: la ricerca della verità processuale attraverso l’incrocio di elementi etero-accusatori e auto-accusatori.

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Celestino Abbruzzese, detto “Micetto” o “Claudio”, appartiene alla storica famiglia dei “Banana”. Ha avviato la collaborazione nel 2018 mentre era detenuto per narcotraffico nell’ambito dell’operazione “Job Center”. Il suo racconto, definito “lineare e connotato da serietà”, è ritenuto attendibile: «Forniva un contributo significativo nella ricostruzione delle vicende oggetto di questo processo», anche a costo di autoaccusarsi e di accusare «stretti parenti».

Ivan Barone, affiliato prima agli Zingari e poi ai Banana, collabora dal settembre 2022, all’indomani dell’arresto. Ha spiegato che lo ha fatto per cambiare vita e per amore della figlia. Riconosciuto come organizzatore e non semplice partecipe, aveva dichiarato: «È mia intenzione cambiare il mio stile di vita anche perché voglio sottrarre a questo stile di vita il futuro della mia bambina». Il giudice sottolinea la coerenza delle sue dichiarazioni, l’assenza di motivi di astio e l’esattezza nel correggere un errore di identificazione tra soggetti coinvolti.

Adolfo Foggetti, già esponente apicale del clan Bruni e poi della cosca Rango-Zingari, collabora dal 2014. Il giudice lo definisce «fonte probatoria qualificata» per aver vissuto da dentro la metamorfosi criminale della città: «Ha spiegato le fasi della fusione tra il clan Bruni e quello degli Zingari, indicando “nominativamente tutti i componenti” e le modalità operative». La sua attendibilità è già stata sancita in numerosi procedimenti precedenti.

Francesco Greco, collaboratore dal 2023, si presenta come uomo vicino a Porcaro e alla componente degli Italiani. Ammette non solo i reati contestati, ma anche episodi non oggetto di imputazione. Parla della “bacinella comune”, dei proventi estorsivi, e delle interlocuzioni con le mogli di Porcaro e Patitucci. Le sue dichiarazioni sono definite «coerenti, lineari, prive di intenti calunniatori».

Luciano Impieri, dei Banana e Rango-Zingari, collabora dal 2018. Racconta dettagli sul narcotraffico, sulle tensioni tra gruppi e sulle estorsioni, riferendo di essere noto come “Lucky”, “il Duca” o “il piccolo Patitucci”: «Perché nell’estorsione sapevo gestire l’estorsione». La sua attendibilità è confermata dalla precisione, dalla coerenza e dalla mancanza di contraddizioni rilevanti.

Daniele Lamanna, già autore dell’omicidio di Luca Bruni, collabora dal 2016. «Sono stato fidelizzato nel 2005-06 nel carcere di Bari», afferma. Riferisce sui summit mafiosi, sugli accordi tra Presta, Lanzino, Di Puppo, Bruni e Rango per la creazione della “bacinella comune” e della “confederazione unica”. Già giudicato credibile in più procedimenti (“Nuova Famiglia”, “Tela del Ragno”), offre «significative dichiarazioni anche sui fatti oggetto di Reset».

Anna Palmieri, moglie di Celestino Abbruzzese, collabora dal 2018. Descrive in dettaglio la struttura del “Sistema”, la gestione unitaria delle estorsioni e il ruolo della “bacinella”. Ai pm dichiarò: «La Bacinella è il Sistema, nel senso che coincidono e camminano insieme… servono a consentire il pagamento dello stipendio ai detenuti». Si autoaccusa di spaccio e partecipazione alle riunioni del clan: il giudizio di attendibilità è pieno.

Roberto Presta, della consorteria omonima, ha iniziato a collaborare nel 2020. Ricostruisce la struttura del suo gruppo e i rapporti con Patitucci e altri esponenti della confederazione. Il giudice ne evidenzia la «capacità innovativa nel delineare le caratteristiche del clan Presta», e lo qualifica come soggetto «credibile e inserito ai massimi livelli».

Giuseppe Zaffonte, collaboratore dal 2019, ex rapinatore e trafficante per il clan Lanzino-Patitucci, racconta di aver lasciato la criminalità per paura di essere ucciso. Fotografa con lucidità l’organico interno dei vari gruppi e i rapporti di forza: «Primo pentito di ultima generazione dell’ambiente italiano», le sue dichiarazioni sono definite «coerenti, costanti, congrue nel tempo e nello spazio».

Unica eccezione è Roberto Porcaro. Pur avendo iniziato un percorso collaborativo nel 2023, secondo la giudice la sua è una “strategia narrativa”. «Ha dichiarato di aver inventato tutto, di aver agito per amore della compagna e dei figli». Le sue dichiarazioni sono ritenute inaffidabili nella parte che lo riguarda direttamente e «piegate sui dati investigativi già emersi» in altri casi. Il giudizio finale è netto: «Inattendibilità totale».