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09/07/2025 ore 13.52
Cronaca

Processo Reset, la sentenza di Castrovillari punisce anche i pentiti | NOMI

Tutti gli imputati, tranne due, hanno ottenuto il riconoscimento dell'attenuante di cui all'art. 416 bis.1 comma 3

di Antonio Alizzi

Tutti gli imputati, tranne due, hanno ottenuto il riconoscimento dell'attenuante di cui all'art. 416 bis.1 comma 3

La sentenza del processo Reset ha fatto luce anche sull’apporto dei collaboratori di giustizia, ai quali il presidente Fabiana Giacchetti ha riconosciuto alcuni benefici di legge. Ma non a tutti. Il primo verdetto di merito dell’inchiesta contro la ‘ndrangheta cosentina ha fatto registrare 82 condanne e 37 assoluzioni. Tra gli 82 condannati spiccano anche i pentiti.

Processo Reset, le posizioni dei pentiti

Nel caso di specie, gli imputati-pentiti presenti al processo Reset sono ritenuti colpevoli di aver preso parte alla confederazione mafiosa cosentina sono stati:

Tutti gli imputati, tranne due, hanno ottenuto il riconoscimento dell’attenuante di cui all’art. 416 bis.1 comma 3. Quelli che non hanno avuto tale beneficio sono Francesco Greco e Gianluca Maestri. Entrambi infatti si sono pentiti durante lo svolgimento del rito abbreviato e non hanno apportato novità dal punto di vista probatorio rispetto a quanto presente già in atti. Daniele Lamanna è stato invece assolto.

Cos’è l’art. 416 bis.1

L’articolo 416-bis.1 del codice penale affronta le modalità con cui vengono trattati i reati legati alla mafia, stabilendo sia le circostanze che possono aggravare la pena sia quelle che possono attenuarla. In generale, quando un reato è commesso sfruttando le condizioni tipiche delle organizzazioni mafiose (come la forza intimidatoria, il controllo del territorio o le connessioni criminali), oppure con l’obiettivo di favorire le attività di queste associazioni, la pena viene aumentata in modo significativo, da un terzo fino alla metà. Questo serve a riconoscere la maggiore gravità sociale e morale di tali crimini.

Benefici per chi si dissocia

Un aspetto interessante riguarda il trattamento di chi si dissocia dall’attività mafiosa. Se un imputato, coinvolto in reati mafiosi, decide di prendere le distanze dagli altri e aiuta concretamente le autorità a impedire ulteriori crimini o a identificare altri responsabili, può beneficiare di una riduzione di pena significativa. Ad esempio, se il reato prevede l’ergastolo, questa pena può essere sostituita con una reclusione compresa tra 12 e 20 anni. Per gli altri tipi di pena, si applica una diminuzione che va da un terzo fino alla metà.

Inoltre, in questi casi di collaborazione con la giustizia, non si applicano le disposizioni sugli aumenti di pena stabilite nei primi due commi dell’articolo. Infine, quando un reato è aggravato dall’applicazione del primo comma, la procedibilità è sempre d’ufficio, il che significa che non è necessaria una denuncia da parte di un privato per avviare l’azione penale. In definitiva, l’articolo del 416-bis.1 del codice penale cerca di bilanciare severità e incentivazione alla collaborazione, distinguendo tra chi partecipa attivamente a dinamiche mafiose e chi decide di dissociarsi per favorire la giustizia.

Processo abbreviato “Reset”, la sentenza di primo grado

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