Sezioni
14/03/2017 ore 21.15
Cronaca

Rapporti tra la 'ndrangheta cosentina e l'imprenditoria nel mirino dell'Antimafia di Catanzaro

Imprenditori vessati, imprenditori “protetti”, imprenditori “prestanome”. Sono queste le categorie a cui fanno riferimento i collaboratori di giustizia cosentini che nell’ultimo anno hanno riferito sui rapporti tra ’ndrangheta e imprenditori che operano in diversi settori.  A Cosenza, dunque, vi sarebbero dei collegamenti tra queste due “associazioni” che se la prima intende delinquere, la seconda cerca di
di Redazione Cosenza Channel

Imprenditori vessati, imprenditori “protetti”, imprenditori “prestanome”. Sono queste le categorie a cui fanno riferimento i collaboratori di giustizia cosentini che nell’ultimo anno hanno riferito sui rapporti tra ’ndrangheta e imprenditori che operano in diversi settori. 

A Cosenza, dunque, vi sarebbero dei collegamenti tra queste due “associazioni” che se la prima intende delinquere, la seconda cerca di produrre e la maggior parte sono vittime della criminalità. Non tutti, però.

La Dda di Catanzaro vuole vederci chiaro e ha acceso i riflettori su queste dichiarazioni che – come si evince dai verbali depositati sia a Cosenza nel processo ordinario “Rango-zingari” sia a Catanzaro nel processo in Corte d’Assise d’Appello col rito abbreviato – sono parte integrante di un nuovo procedimento penale. Cosa hanno dichiarato i pentiti Adolfo Foggetti e Daniele Lamanna è coperto da segreto istruttorio, ma una parte delle dichiarazioni non sono più “omissate”.

Quelle di Foggetti le abbiamo già riportate qui e riferiscono di un contesto poco trasparente tra alcuni imprenditori, che hanno investito sia a Cosenza che a Rende, ed esponenti della criminalità organizzata.

La mancata estorsione degli “italiani” – che per i giudici del Riesame non può essere ascritta a Mario Piromallo per mancanza dei gravi indizi di colpevolezza – all’imprenditore Giorgio Ottavio Barbieri permette di scoprire quali siano le strategie dei clan rispetto a coloro i quali hanno intenzione di aumentare il volume d’affari.

D’altronde, le ultime indagini antimafia fatte in Calabria – da “Cumbertazione” a “Cinque Lustri” – evidenziano che le associazioni mafiose per continuare ad arricchirsi, oltre alla serie di attività illecite che vanno dalla droga alle estorsioni, hanno bisogno di operare anche nel settore industriale, “appoggiandosi” a quegli imprenditori forti e insospettabili. Questo è quello che dicono gli inquirenti. 

A Cosenza, almeno secondo quanto dichiarano i collaboratori di giustizia, le cose sono leggermente diverse. Negli ultimi anni le varie attività commerciali della città e non, sono state prese di mira dal presunto clan “Rango-zingari” che, grazie agli accordi illeciti assunti con gli “italiani”, hanno conquistato una fetta di territorio. Così alcuni locali notturni e quelli della ristorazione hanno dovuto patire le pene dell’inferno: c’è chi ha denunciato subito, c’è chi ha atteso, c’è chi non l’ha fatto per timore di altre ritorsioni.

I pentiti, inoltre, raccontano che alcuni imprenditori – capaci di crescere anno dopo anno e di creare posti di lavoro – non possono essere toccati. Sono “protetti” e forse svolgono le funzioni di “prestanome”.

Alcuni di essi sarebbero andati anche a cena con soggetti condannati per associazione mafiosa e indagati per il medesimo reato, altri avrebbero consegnato somme di denaro a persone legate alle cosche cosentine alla presenza di Foggetti.

Un pentito reggino, infine, ha parlato di un grosso imprenditore/professionista cosentino che, oltre ad essere legato alla massoneria, sarebbe stato per anni «un uomo di Franco Pino». Cosimo Virgilio dice: «Mi riferirono che dovevano fare sempre i soliti imbrogli di riciclaggio con la Romania, non so in quale cosa». 

Ovviamente è ancora troppo presto per esprimere giudizi, visto che le attività investigative sono in corso e devono ancora prendere forma. Ai magistrati l’onere di aprire sentieri nascosti… (Antonio Alizzi)