Omicidi, vendette e alleanze: i verbali di Lamanna svelano i retroscena del clan Bruni
Il collaboratore di giustizia racconta il “battesimo” di ‘ndrangheta, i rapporti con i Serpa e la ferocia di Michele Bruni tra fine anni Novanta e primi Duemila
Nell’ambito del procedimento penale “Recovery”, avviato dalla Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, emergono i verbali di Daniele Lamanna, collaboratore di giustizia ed ex affiliato al clan “bruni-zingari”. Le sue dichiarazioni tracciano un quadro delle dinamiche criminali che hanno caratterizzato Cosenza e il Tirreno cosentino tra la fine degli anni Novanta e i primi anni Duemila, con intrecci di sangue, omicidi e alleanze strategiche.
Il “battesimo” di ‘ndrangheta
«Sono stato fidelizzato nel 2005/06 nel carcere di Bari. Ero stato arrestato perché avevo partecipato ad una rapina. Ero detenuto unitamente a mio fratello Carlo, Luca Bruni e Adolfo Foggetti. In quella sede fummo battezzati. In copiata ho capo società Michele Bruni, favorevole Giovanni Abruzzese, sfavorevole Pino Arena. Ho il grado di sgarrista e ho rifiutato altri gradi che mi sono stati proposti in seguito da Francesco Patitucci nel carcere di Cosenza», dice Lamanna ai magistrati.
Il rapporto di conoscenza con il clan Bruni
«Con i Bruni i rapporti risalgono sin dall'infanzia ed in particolare con Michele Bruni. Nel 1999, dopo la morte del padre, questi rapporti si sono consolidati», mentre «i rapporti con i Bruni e i Serpa di Paola si sono intensificati dopo l'omicidio di Pietro Serpa. La mia presenza era dovuta perché legato a Michele Bruni. Già era stato perpetrato l'omicidio di Marincolo al quale ho partecipato per effettuare il recupero dei killer, unitamente a Luca Bruni. Gli autori materiali sono stati Michele Bruni e mio fratello Carlo Lamanna». Il pentito fa anche il nome di Mario Attanasio, la cui sentenza di condanna è stata annullata con rinvio dalla Cassazione. L’imputato, in tal senso, è in attesa del processo d’appello bis.
«Ho personalmente preparato la motocicletta utilizzata per commettere l'omicidio. Questo mezzo è stato rubato a Paola. La moto in questione è stata consegnata a Umile Miceli e Adolfo Foggetti. Questi l'hanno portata» in un cantiere nel Cosentino.
«Dopo l'omicidio di Pietro Serpa ho conosciuto Giuliano Serpa e Ulisse Serpa, Nella Serpa, Giancarlo Gravina con cui i Bruni hanno stretto rapporti. Li ho conosciuti a casa di tale "Tonino" sita tra Paola e Fuscaldo. Questi faceva la Guardia Penitenziaria. In seguito, sempre presso la stessa abitazione, ho conosciuto anche Guerino Serpa. Io nella circostanza ero con Michele Bruni», prosegue il collaboratore.
Lamanna poi aggiunge: «Nella Serpa l'ho conosciuta personalmente qualche giorno prima dell'omicidio di Luciano Martello. Prima l'avevo conosciuta per bocca di Michele Bruni che la considerava capace dal punto di vista criminale. Michele diceva che era una persona determinata. Nella Serpa l'ho conosciuta presso il suo hotel sito vicino la stazione ferroviaria di Paola. Ero con Michele Bruni ed eravamo andati da lei per parlare della morte di Pietro Serpa che lei era determinata a vendicare. In questa occasione si decise di eliminare Luciano Martello ritenuto l'elemento più carismatico e tutti i suoi affiliati come Gennaro Ditto e i fratelli La Rosa».
Il pentito Daniele Lamanna infine racconta altri dettagli sul clan Bruni: «All'epoca della morte di Rolando Siciliano, Michele Bruni era latitante ad Amantea ed io stavo con lui. Un giorno dopo essere tornato da Paola, in particolare dall'abitazione di "Tonino", Michele Bruni mi parlò dell'omicidio di questo ragazzo. Mi raccontò che questo ragazzo fu fatto a pezzi» e buttato in una «porcilaia». Rolando Siciliano «fu ucciso perché era considerato legato a Martello. Michele l'aveva ucciso per compiacere Nella Serpa. Fu Michele Bruni a sparargli mentre gli altri lo tagliarono a pezzi».