«Carcere per alcuni imputati del processo Reset», ecco perché il tribunale ha rigettato le richieste della Dda di Catanzaro
Il collegio giudicante di Cosenza ha mantenuto invariate le misure cautelari in essere per Massimo D’Ambrosio e Sergio Del Popolo. Ancora a piede libero Giuseppe Bartucci, Agostino Briguori, Andrea Reda e Andrea Mazzei
Il tribunale collegiale di Cosenza ha respinto l’istanza con cui la Dda di Catanzaro chiedeva di inasprire le misure cautelari nei confronti di sei imputati del processo Reset. Con l’ordinanza del 24 luglio 2025, il collegio presieduto da Carmen Ciarcia (a latere Stefania Antico e Iole Vigna) ha rigettato sia l’aggravamento per Massimo D’Ambrosio e Sergio Del Popolo, sia la richiesta di custodia in carcere per Giuseppe Bartucci, Agostino Brigouri, Andrea Reda e Andrea Mazzei.
Secondo l’accusa, le pesanti condanne inflitte in primo grado avrebbero «rivitalizzato» le esigenze di tutela cautelare, sia per il pericolo di fuga sia per la reiterazione dei reati, soprattutto per chi è stato riconosciuto responsabile – a vario titolo – di 416-bis o concorso esterno. Ma per i giudici cosentini quella decisione non può scattare in automatico: la giurisprudenza di legittimità impone una valutazione congiunta, che metta insieme la sentenza e altri elementi specifici e attuali.
Nel provvedimento si richiama, fra l’altro, la Cassazione secondo cui la condanna a pena elevata è «un elemento da valutare», ma non basta da sola ad aggravare la misura se mancano indici concreti di fuga o recidiva. Anche per i reati associativi “in forma aperta”, che hanno carattere permanente l’apprezzamento giudiziale deve restare non automatico.
Nel merito, il presidente Carmen Ciarcia ha definito «generiche» le motivazioni sul pericolo di fuga - basate su presunte disponibilità economiche o su reti relazionali - e non ha ravvisato condotte sintomatiche recenti. Quanto alla reiterazione, la cornice ambientale dopo le operazioni Reset e Recovery è stata descritta come frammentata: gli spazi di manovra del gruppo, oggi, non offrono il medesimo terreno fertile. Per alcuni imputati (Reda, Mazzei, Briguori) il tribunale di Cosenza ha rilevato condizioni per un reinserimento, mentre per D’Ambrosio e Del Popolo pesano invece ragioni personali che avevano già giustificato la sostituzione della custodia in carcere con misure meno afflittive.
Nel caso di D’Ambrosio, la Corte ha preso atto del decesso della moglie malata, ma sottolinea che permangono esigenze familiari legate al figlio disabile e «incapace di provvedere autonomamente ai bisogni essenziali». Per Del Popolo hanno inciso le patologie documentate, tali da porre seri dubbi di compatibilità con il regime intramurario.
Al termine della disamina, il Collegio ha concluso che «tempo trascorso, interruzione della condotta criminosa, osservanza delle prescrizioni e assenza di comportamenti elusivi» non consentono di ritenere attuali e concrete le esigenze prospettate dal pubblico ministero. Pertanto, misure o stati di libertà invariati per tutti.
La Dda di Catanzaro, come anticipato da Cosenza Channel, ha impugnato il provvedimento davanti al Riesame in sede d'appello.
Nel collegio difensivo figurano gli avvocati Giuseppe Bruno, Cesare Badolato, Nicola Carratelli, Luca Acciardi, Amelia Ferrari, Antonio Quintieri, Michele Franzese, Sergio Rotundo, Enzo Belvedere e Mario Ossequio.