Strage di via Popilia, ora tocca alle difese: l'inattendibilità dei pentiti e l'auto usata dal commando
Dopo le richieste della procura generale, che ha invocato tre condanne all’ergastolo e due pene superiori a 28 anni di carcere, nel processo sulla strage di via Popilia, è toccato agli avvocati argomentare le rispettive linee difensive che hanno esplorato sostanzialmente due temi.
Il primo quello dell’inattendibilità dei collaboratori di giustizia Francesco Bevilacqua, alias “Franchino ‘i Mafarda”, Franco Bruzzese, Celestino Abbruzzese, detto “Micetto”, e Mattia Pulicanò. Narrati che andrebbero in contraddizione tra loro, al punto da minare il castello accusatorio che, ad onor di cronaca, ha retto in primo grado, dinanzi alla Corte d’Assise di Cosenza. Tesi difensive esposte dai penalisti Filippo Cinnante, Rossana Cribari e Francesco Boccia, il quale ha spiegato anche che, a seguito di alcune verifiche, si è scoperto che la Lancia Thema, utilizzata dal commando di fuoco per uccidere Benito Aldo Chiodo e Francesco Tucci, era stata rottamata dopo il dissequestro, precisamente il 14 settembre 2001, ovvero otto mesi dopo il pentimento di Francesco Bevilacqua.
Nella prossima udienza discuteranno gli avvocati Mariarosa Bugliari, Gianfranco Giunta e Nicola Rendace. La sentenza sarà emessa il 28 giugno 2022.