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16/04/2025 ore 16.40
Cronaca

"Testa di Serpente", ecco perché Francesco Casella è estraneo all’estorsione

Secondo i giudici della Corte d'Appello, non vi sono elementi sufficienti per configurare una condotta minacciosa, neppure in forma implicita
di Antonio Alizzi

Nella presunta estorsione ai danni di un uomo di Cosenza, perpetrata secondo la Dda di Catanzaro dagli Abbruzzese e da Roberto Porcaro, Francesco Casella è risultato estraneo ai fatti contestati. Lo ha scritto nero su bianco la Corte d’Appello di Catanzaro nelle motivazioni della sentenza relative al processo “Testa di Serpente“, depositate di recente.

Secondo i giudici di secondo grado, l’istruttoria dibattimentale ha delineato un comportamento da parte di Casella che, nel suo aspetto materiale, può essere al massimo astrattamente ricondotto a un tentativo di intermediazione tra la vittima e gli autori dell’estorsione, volto a favorire il versamento del denaro richiesto.

La persona offesa, si legge nelle motivazioni, ha chiarito che Casella non proferì alcuna minaccia, neppure implicita, per arrivare a un accordo. Al contrario, ottenuto un rifiuto, si astenne dal riproporre la proposta. I giudici hanno inoltre evidenziato che non è stato possibile escludere con certezza che la proposta avanzata da Casella potesse essere dettata da intenti di solidarietà, tenuto conto dell’assenza di comportamenti intimidatori e dell’esistenza di un pregresso rapporto di amicizia con la persona offesa, sebbene non più coltivato.

Infine, la Corte ha rilevato che, considerate le modalità di svolgimento dell’incontro – caratterizzato da toni bonari e cordiali -, il contesto ambientale e soprattutto le dichiarazioni della vittima, non vi sono elementi sufficienti per configurare una condotta minacciosa, neppure in forma implicita.

In primo grado, Francesco Casella era stato condannato a 6 anni e 2 mesi di reclusione. L’imputato è difeso dagli avvocati Vincenzo Guglielmo Belvedere e Giuseppe Belcastro.