Un anno da incubo in un negozio di Rende. «Non vogliono donne con figli»
Pubblichiamo lo sfogo di una madre e lavoratrice che ha voluto condividere con Cosenza Channel. Per tutelare la sua identità lo scritto apparirà come “Lettera firmata”
«Sono una donna, una mamma, e vivo a Rende. Scrivo questa lettera per denunciare una situazione che mi ha vista protagonista e purtroppo anche vittima di un sistema che schiaccia i lavoratori deboli, e le lavoratrici. Per un anno, tra un rinnovo e l’altro, sono stata dipendente di un negozio della città. Quel lavoro mi serviva, ho chiesto subito di poter modulare il mio part time con turni al mattino, perché a quell’ora la bimba era all’asilo.
Dopo un breve periodo in cui il mio datore di lavoro ha rispettato gli accordi, sono stata collocata per metà settimana nel pomeriggio. Non volevo fare polemiche, ho fatto presente la cosa, ma ho lavorato così come mi chiedevano. Che fosse un ambiente lavorativo malsano si diceva in giro da un po’, scioccamente ho creduto che se mi fossi comportata in modo professionale e impeccabile, con me sarebbe stato diverso. Ho sbagliato.
Pian piano hanno cominciato a chiedermi sempre di più. In alcuni periodi, quelli che in negozio sono i più intensi, ho lavorato anche 11 ore di fila, ma quando ho avuto un’emergenza perché mia figlia stava male e sono stata costretta a portarla in Pronto Soccorso, il mio titolare mi ha cancellato il riposo settimanale. Non mancavano neanche le mortificazioni. Quando ero in cassa il capo mi diceva, anche davanti ai clienti, che ero «troppo bassa».
La mia reperibilità era praticamente h24. Conservo messaggi e telefonate che ricevevo molto spesso fuori dall’orario di lavoro. Dimenticavano gli interruttori aperti e io alle dieci di sera dovevo riaprire il negozio o andare mezz’ora prima dell’apertura a sistemare il caos lasciato la sera prima. Nonostante ti ammazzi di lavoro, per alcuni non è mai abbastanza.
A settembre con la riapertura delle scuole mi chiedono di non fare riposi per ben due settimane, da sei ore di lavoro ne faccio otto, e inizio ad accusare i primi segni di cedimento. Iniziano a farci capire che potrebbero esserci dei cambi nel personale, ci tengono sul filo insomma. Siamo tutti terrorizzati, tranne chi non aspetta che la scadenza per andare via da quel posto. Perdo sette chili per lo stress.
Sui social pubblicizzano il fatto che cercano personale “sotto i trent’anni” (salvo poi rimuovere il post) e io so perché. Non vogliono donne con figli. Dopo aver lavorato tutta l’estate, a due giorni dalle ferie mi dicono che il mio contratto non sarà rinnovato. Aspetto il Tfr, aspetto la liquidazione delle ferie non godute, e intanto sono rimasta senza lavoro e senza stipendio. Dopo un anno di impegno, dopo aver fatto anche cose che prescindevano dalle mie mansioni, mi hanno messo alla porta. E devo dire che sono stata fortunata, si fa per dire, perché almeno me l’hanno comunicato a voce, ad altre hanno solo scritto un messaggio brutale in cui le si invitava a non presentarsi più al lavoro. Si gioca sul bisogno della gente, sul momento difficile che stiamo attraversando in tanti, ed è per questo che non dobbiamo più tacere» Lettera firmata