Sezioni
02/10/2025 ore 15.44
Cronaca

Cetraro, l’imprenditore strozzato e minacciato di morte: le accuse a Franco Pinto e Cinzia Maritato

In manette la coppia di Acquappesa: la Dda di Catanzaro contesta le aggravanti mafiose sull’attività usuraria ai danni del titolare della ditta individuale operante nel settore dello spettacolo e dell’intrattenimento

di Antonio Alizzi
La sede della Dda di Catanzaro

Un giro di usura con interessi mensili fino al 20% e un debito complessivo lievitato fino a 100 mila euro, con esborsi che nel tempo avrebbero raggiunto circa 1,5 milioni di euro. È la vicenda che ha travolto il Direttore dei Palinsesti di LaC Tv, Francesco Occhiuzzi, all’epoca dei fatti contestati dalla Dda di Catanzaro, titolare della ditta individuale “Occhiuzzi Communication” di Cetraro, operante nel settore dello spettacolo e dell’intrattenimento. Occhiuzzi, com’è noto, è testimone di giustizia e le autorità preposte lo hanno messo sotto protezione.

Per questi fatti, Franco Pinto, 66 anni di Acquappesa, e Cinzia Maritato, 62 anni di Cetraro, erano già stati arrestati nei mesi scorsi dalla procura di Paola, guidata dal procuratore capo Domenico Fiordalisi. La misura cautelare era stata disposta dal gip di Paola.

La rivalutazione della Dda

Conclusa l’indagine preliminare, il procuratore Fiordalisi ha trasmesso gli atti alla Direzione Distrettuale Antimafia di Catanzaro, coordinata dal procuratore capo Salvatore Curcio che, unitamente al pm antimafia Anna Chiara Reale e al procuratore aggiunto Giulia Pantano, ritenendo necessario un approfondimento alla luce della gravità delle condotte e della loro riconducibilità al contesto criminale locale. La Dda ha quindi chiesto l’integrazione della misura cautelare con l’aggiunta dell’aggravante del metodo mafioso e dell’agevolazione mafiosa, valutando l’uso di tecniche intimidatorie tipiche delle organizzazioni di ‘ndrangheta operanti nel Cosentino. Agevolazione mafiosa attribuita, a livello investigativo, al clan Muto di Cetraro.

Gli episodi contestati

Secondo quanto emerge dall’ordinanza del gip Fabiana Giacchetti, Pinto e Maritato avrebbero costretto la vittima, in stato di bisogno, a versare mensilmente interessi usurari sempre più alti: dai 2.700 euro dei primi anni Duemila fino a 15 mila euro al mese nel 2024.

Inoltre, entrambi sono accusati di aver minacciato di morte la vittima. In particolare, il 18 novembre 2024 Pinto lo avrebbe schiaffeggiato, e il 30 dicembre dello stesso anno lo avrebbe afferrato per il collo tentando di strangolarlo. A seguito di queste pressioni, l’imprenditore sarebbe stato costretto a consegnare ulteriori 19 mila euro come parziale saldo del debito usurario.

Le aggravanti contestate

Agli indagati vengono contestate più aggravanti: l’aver agito in danno di un imprenditore in difficoltà economica; la recidiva specifica e infraquinquennale (per Pinto); l’esecuzione del reato durante il periodo di sorveglianza speciale (per Pinto); l’uso della forza intimidatrice tipica delle cosche di ‘ndrangheta, in grado di generare un clima di omertà e prostrazione.

La valutazione dei magistrati

Secondo la Dda di Catanzaro, le modalità delle condotte – i tassi applicati, la sistematicità delle richieste e le minacce fisiche – sarebbero indicative di un controllo territoriale di matrice mafiosa, riconducibile a contesti associativi già noti nel Tirreno cosentino. La contestazione della Dda rafforza questa lettura, collegando l’usura non solo a un reato economico ma anche a un meccanismo di condizionamento mafioso. I due indagati sono difesi dall’avvocato Rossana Cribari. Nel corso degli interrogatori di garanzia, entrambi si sono avvalsi della facoltà di non rispondere.