Sezioni
20/03/2022 ore 09.00
Cultura

C'ERA UNA VOLTA COSENZA | I primi 65 anni del cinema Citrigno: da Lancaster a Troisi - VIDEO E FOTO

La storica sala cosentina segnò un'epoca cominciata nel 1957 con la proiezione di "Trapezio". Su quel palco si esibirono i più grandi da Fo a Modugno. Ecco una cartolina di un tempo in cui si guardavano i film anche in piedi
di Alessia Principe

Nel febbraio del 1957 è tutto pronto. I corrimano lucidi, i pavimenti spazzati, i velluti verdi che separano il botteghino dalle poltrone, profumano di nuovo. Il personale è sulle scale, in posa. Cravatte strette e camicie inamidate, un’eleganza distinta e discreta che mostra l’orgoglio per un nuovo lavoro in un luogo di cui tutti parlano come il meridiano più vicino al sogno: il cinema. Giovanni Citrigno è al centro dello scatto, occhi all’obiettivo e l’aria di avere ancora un mucchio di cose da fare. Un mese dopo, nella grande e unica sala, l’orologio (che è ancora lì) avrebbe segnato l’inizio del primo spettacolo. La locandina fuori strillava il debutto di “Trapezio”, nel cast Burt Lancaster, Gina Lollobrigida e Tony Curtis.

Quell’avventura era cominciata nel 1948, quando un ragioniere della Forestale col pallino dei film, apre a Cosenza il cinema Diana, già Isonzo, e lo prende in gestione. Lì davanti c’era uno spiazzo sorvegliato ai lati da un deposito di mattoni e da un parcheggio di pullman. Durante l’estate, Giovanni Citrigno organizzava lì l’arena per le proiezioni. Echeggiavano tra i palazzi bassi le battute di Emilio Cigoli, che doppiava Charlton Heston, di Bruno Persa (voce di Humphrey Bogart), i duetti di Totò e Peppino, le risate del pubblico nel silenzio delle traverse.

I film si guardavano al chiuso dell’Isonzo durante il giorno e, all’imbrunire, si mettevano fuori le sedie e si aprivano le porte dell’arena. Proiettore puntato sul grande telo e le stelle a guardare i volti delle dive candide e le vallate dei grandi western. Nel 1955 Giovanni Citrigno chiese il rinnovo della gestione ma la proprietà disse di no, niente da fare, il cinema ce lo teniamo noi. Costretto a lasciare avviò la costruzione del suo sogno. All’epoca a Cosenza c’era il Supercinema, il Morelli, l’Italia. Poi nacque l’Astra, il San Nicola e, negli anni Settanta, a Rende il Garden. Nel Dopoguerra, la Settima arte era vista come un investimento molto redditizio. In tutto il Paese si moltiplicavano le sale grazie a finanziamenti generosi che concedeva l’Enpals, in parte a fondo perduto. Giovanni Citrigno volle il suo cinema col tetto apribile, in ricordo della vecchia arena, e un corpo in cemento armato, fu tra i primi. «All’epoca c’era un continuo via vai di persone che entravano e uscivano a tutte le ore – racconta Giuseppe Citrigno da molti anni al timone -. Mio padre diceva che andavamo forte perché programmavamo di tutto: dal film d’elite a quello molto popolare. Il Citrigno era come il lupo, si mangiava tutto, qualunque tipo di pubblico».

Quando le auto erano poche e la gente scendeva dai paesi verso Cosenza prendendo solo i pullman, si sbrigavano le commissioni di mattina e poi, in attesa di riprendere il bus alle due del pomeriggio, si ingannava l’attesa vedendo un film. «Aprivamo alle dieci del mattino. Papà trovava già una folla che aspettava di entrare e si continuava ininterrottamente fino a mezzanotte». Il Rendano, colpito dai bombardamenti, era inagibile, e il Citrigno alternava le proiezioni con gli spettacoli dal vivo. Su quel palco si esibirono i grandi: Dario Fo, Domenico Modugno, Claudio Villa. Il pianoforte che suonò il “reuccio” della canzone italiana, è ancora lì, all’ingresso del cinema, uno dei pochi cimeli sopravvissuti al tempo.

«Avevamo un’unica sala per i film, quindi nessuna pellicola rimaneva in programmazione per più di una settimana ma nel 1972 arrivò “Il Padrino” e fu un successo talmente grande che mio padre lo lasciò per cinque settimane in proiezione. Non era mai successo. Ricordo quei giorni come un sogno, avevo nove anni: c’era una folla incredibile che spingeva per entrare, non riuscivano a tenerli. Tanti restavano in piedi a guardare il film, aspettando che qualcuno si alzasse. In quegli anni era così, si entrava anche a film iniziato e si restava per guardare la proiezione seguente per recuperare il tempo perso e sperare che qualcuno lasciasse la poltrona. Poi c’era chi ci prendeva gusto e restava per due visioni consecutive».

A illuminare la sala, che poi negli anni 90 diede spazio alla seconda più piccola, era il grande proiettore storico 35 mm. Le pizze con le pellicole arrivavano da Napoli, col corriere, ogni mercoledì. La macchina aveva due dispositivi di sicurezza per evitare che il nastro, sempre a rischio rottura, bruciasse a contatto con la lampada. «All’inizio i materiali non erano ignifughi, quindi se non si stava attenti si poteva scatenare un incendio – ricorda Citrigno, oggi presidente dell’Anec Calabria -. Non era insolito che la pellicola si spezzasse durante la visione e parliamo di due chilometri di nastro che una volta sfuggiti al rocchetto, possono riempire l’intera cabina. Una volta ci è capitato, è stato un disastro». Cosenza rappresentava, negli anni Settanta, una sorta di piazza in cui testare i film poco prima dell’uscita. Una prova di pubblico, che poteva convincere i distributori a dare fiducia a un’opera oppure no. «Così fu con “Ricomincio da Tre” che uscì in dieci piazze in tutta Italia tra cui Cosenza. I produttori si convinsero che il film era divertente e funzionava perché la gente rideva, tornava a rivederlo. Possiamo dire di aver dato il nostro piccolo contributo a quel grande film. In fondo tutti ricominciamo da qualcosa, noi abbiamo ricominciato da qui, dal cinema e da qui continuiamo».