Caso Garlasco, nuova indagine: chi è l’uomo del Dna nella bocca di Chiara Poggi?
Due piste, una sola verità da accertare. Dopo il ritrovamento di un profilo genetico maschile “ignoto” all’interno della bocca di Chiara Poggi, la Procura di Pavia ha riaperto le indagini sul delitto di Garlasco. E ora il caso si muove lungo due direttrici investigative.
La prima mira a escludere che si tratti di una contaminazione: il profilo — composto da 22 marcatori genetici — non ha trovato alcuna corrispondenza con i campioni già acquisiti, ovvero quelli di Alberto Stasi, Andrea Sempio, familiari, soccorritori, medici legali e consulenti. La genetista Denise Albani, incaricata dalla gip Daniela Garlaschelli, ha già scartato la contaminazione dell’assistente che nel 2007 prelevò i tamponi post-mortem.
Ma l’ipotesi di un errore durante le analisi di laboratorio non è ancora del tutto esclusa. È raro, ma può accadere. Ecco perché i carabinieri del Nucleo investigativo di Milano stanno verificando se tra i profili tecnici registrati manchi qualcuno: un operatore non censito, un tecnico sfuggito al protocollo. Se si trovasse un “match”, la pista dell’ignoto si esaurirebbe lì.
Parallelamente, però, si apre un secondo fronte investigativo, decisamente più delicato: quello che ipotizza che il Dna trovato appartenga a un complice del nuovo indagato, Andrea Sempio. I magistrati sono convinti che Sempio, allora 19enne, si trovasse nella villetta di via Pascoli il giorno dell’omicidio. E che non fosse solo.
Non si procederà con un confronto genetico su larga scala, come avvenne nel caso Yara. L’indagine è mirata: si torna a mappare le amicizie di Sempio, a partire da Capra, Biasibetti e Freddi, già ascoltati a marzo. Ma nel mirino ci sono anche gli ex compagni di scuola: Sempio si era appena diplomato, e scandagliare la vita di un adolescente a 18 anni di distanza non è semplice. Nessun tabulato telefonico, nessuna geolocalizzazione: solo memoria, testimonianze, vecchi legami da ricostruire.
Gli hard disk sequestrati a maggio restituiscono uno stop sospetto: si fermano al 2017, anno dell’indagine poi archiviata su Sempio. Una coincidenza? Forse. Un tentativo di cancellare qualcosa? Anche. Ma per ora, solo una stranezza.
Sullo sfondo, prende corpo anche la “pista Bertani”. Michele Bertani, suicida nel 2016, era ritenuto vicino a Sempio e ad altri amici dell’epoca. Una voce mai entrata ufficialmente nelle indagini, ma i carabinieri potrebbero ora tentare di risalire al suo Dna tramite parenti, nonostante la cremazione del corpo.
Infine, si accende un nuovo fronte giudiziario, legato all’uso scorretto del materiale investigativo: il Garante della Privacy ha bloccato Gianluca Spina, ex poliziotto oggi blogger, che ha diffuso a pagamento immagini del cadavere di Chiara Poggi tratte dall’autopsia. È scattato l’oscuramento immediato e sono partite indagini penali.