Sterminò tutta la famiglia: giudizio immediato per il 18enne. Nella sua stanza il Mein Kampf
Dopo sei mesi di indagini, la procura di Milano ha chiuso il caso riguardante la strage avvenuta il 1° settembre 2024 a Paderno Dugnano, un comune in provincia di Milano. Il protagonista dell’atroce omicidio è Riccardo Chiaroni, un ragazzo di appena 17 anni al momento dei fatti, che ha ucciso il suo fratello minore Lorenzo, di soli 13 anni, e i suoi genitori, Paolo e Francesca. Il ragazzo è ora 18enne e la procura ha chiesto il giudizio immediato nei suoi confronti, sottolineando la gravità dell’accaduto.
Le indagini hanno rivelato dettagli inquietanti, che suggeriscono non solo una freddezza impressionante, ma anche una possibile fascinazione del giovane per l’ideologia nazifascista. Durante i sopralluoghi nella sua stanza, gli inquirenti hanno trovato una copia del Mein Kampf di Adolf Hitler, ma anche il Manifesto di Karl Marx e il libro Se questo è un uomo di Primo Levi, che potrebbe far supporre una contraddizione ideologica e filosofica nella mente del ragazzo. In aggiunta, su un quaderno sono stati trovati appunti con citazioni dei discorsi di Benito Mussolini, accompagnati da disegni di aquile romane e fasci littori. Questo insieme di elementi sembra dipingere un quadro di un giovane affascinato dall’immaginario legato al fascismo, ma anche confuso, spinto a cercare risposte in un mondo ideologico che rispecchia la sua alienazione.
La ricostruzione degli eventi, fornita dalla procura, è sconvolgente. La sera del triplice omicidio, Riccardo Chiaroni stava ascoltando un brano dei Beatles con le cuffiette, apparentemente immerso nella sua musica, quando ha preso un coltello dalla cucina e ha ucciso il suo fratellino Lorenzo, che dormiva nella stessa cameretta. Con 57 coltellate, ha inferto colpi mortali al ragazzo, che non ha avuto modo di difendersi. Successivamente, Riccardo ha raggiunto i genitori, che erano nella loro camera, e ha sferrato altre 51 coltellate, brutalmente assassinando anche loro. La scena deve essere stata terribile: secondo quanto raccontato da Riccardo durante gli interrogatori, il padre, nel tentativo di fermarlo, gli avrebbe detto di lasciar cadere il coltello, ma il ragazzo avrebbe poi ripreso l’arma e continuato a colpire, prima il padre, poi la madre e infine, con il padre già agonizzante, ha colpito il fratello ancora una volta alla schiena. Un’azione rapida, feroce e priva di emozioni visibili, che lascia immaginare una mente disturbata e forse già da tempo impegnata in un processo di disumanizzazione.
Quando gli inquirenti gli hanno chiesto cosa lo avesse spinto a commettere l’omicidio, Riccardo ha risposto con una frase che ha lasciato tutti sgomenti: “Volevo essere immortale, uccidendoli avrei potuto vivere in modo libero.” Una dichiarazione che sembra rispecchiare la sua totale disconnessione dalla realtà, un desiderio di affermare se stesso attraverso un atto violento, come se l’eliminazione della famiglia gli avrebbe dato una sorta di “liberazione” dall’oppressione e dalle sue stesse inquietudini. Questa risposta, unita ai riscontri nelle indagini, solleva dubbi sul suo stato mentale al momento dell’omicidio.
Ma la vicenda non si limita alla descrizione della strage. Dalle indagini è emerso anche un quadro di uso di sostanze stupefacenti da parte di Riccardo. Il ragazzo avrebbe confessato agli inquirenti di aver consumato hashish, marijuana e cocaina nell’ultimo anno prima di compiere il delitto. L’assunzione di droghe potrebbe aver contribuito a un indebolimento del giudizio, ma le motivazioni alla base di un atto così brutale sembrano andare oltre la semplice influenza delle sostanze. Alcuni esperti ritengono che l’uso di droghe, unito a un contesto familiare complicato e forse a una personalità disturbata, possa aver contribuito a esacerbare una condizione mentale già fragile.
Inoltre, il suo coinvolgimento in gruppi con simpatie di estrema destra sembra aver avuto un ruolo importante nella formazione del suo mondo interiore. L’ideologia, espressa attraverso il materiale rinvenuto nella sua stanza, potrebbe aver fornito a Riccardo un riferimento distorto e pericoloso, spingendolo a vedere il mondo e la sua famiglia come un ostacolo alla sua “libertà”. È ancora da chiarire fino a che punto questa affinità ideologica abbia influito sulle sue azioni. Tuttavia, la presenza di simboli e riferimenti al fascismo potrebbe suggerire che per Riccardo il gesto di uccidere la propria famiglia fosse, in qualche modo, un atto di rivolta contro una società che percepiva come ingiusta o che non lo comprendeva.
La richiesta di giudizio immediato da parte della procura non è che l’inizio di un lungo processo che cercherà di fare luce su questi complessi motivi. I genitori e il fratello di Riccardo sono stati vittime innocenti di un gesto che lascia perplessi sia per la sua brutalità che per le ragioni che l’hanno spinto. La comunità di Paderno Dugnano, che conosceva la famiglia, fatica ancora a credere che un ragazzo così giovane possa essere capace di compiere un simile massacro. Ma ciò che emerge, dalle indagini e dalle confessioni del ragazzo, è un quadro inquietante che parla di una mente fragile, di un disagio profondo e di un oscuro desiderio di potere e di “immortalità”.
Il caso di Riccardo Chiaroni solleva interrogativi sulla solitudine dei giovani, sul loro accesso a contenuti estremisti e sulle difficoltà delle famiglie nel riconoscere segnali di pericolo. L’omicidio di Paderno Dugnano è una tragedia che resterà a lungo nella memoria di chi l’ha vissuta, ma anche un monito per la società su quanto sia importante prevenire l’isolamento e il deteriorarsi della salute mentale dei più giovani.