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04/10/2023 ore 16.34
Lavoro

Rende, licenziati i sessanta dipendenti di Tech & Com: l'azienda chiude il 31 ottobre | VIDEO

Il sindacalista Alberto Ligato: «Chiederemo che i lavoratori vengano assorbiti nell'impresa che dovesse rilevarne la committenza»
di Salvatore Bruno

In agitazione perché senza stipendio da quattro mesi, dopo un lungo periodo nel quale le retribuzioni sono state comunque erogate in ritardo e sempre ricorrendo ad acconti parziali, i circa sessanta dipendenti della sede di Rende della Tech & Com, operante nel settore delle telecomunicazioni con funzioni di call center e di assistenza alla clientela dei colossi dell’energia Enel e Iren, hanno proclamato una giornata di sciopero, nel tentativo di richiamare l’azienda alle proprie responsabilità. Per tutta risposta invece, hanno ricevuto il ben servito.

Per cui, dopo aver contribuito a tenere in piedi le attività anche durante il complicato periodo del Covid, rischiano adesso di ritrovarsi a spasso e senza alcuna prospettiva. «Quest’azienda da anni paga a piccole tranche anche se fino ad oggi, pur con le difficoltà derivanti dall’incertezza sulle tempistiche di incassare le spettanze, gli operatori avevano sempre ricevuto il dovuto – spiega Alberto Ligato, segretario generale della SLC Cgil l’azienda giustificava i ritardi sostenendo di incassare a sua volta oltre la scadenza, il saldo delle fatture dai due committenti».

La solita storia: il committente non paga puntualmente e di riflesso, anche gli stipendi sono corrisposti a singhiozzo, ribaltando il rischio di impresa sui lavoratori. «Negli ultimi tempi però – continua il sindacalista – si sono accumulate quattro mensilità arretrate. Per questo abbiamo indetto lo sciopero nella giornata di oggi 4 ottobre. Ora però c’è una drammatica novità: la Tech&Com ha deciso di interrompere le attività per cui i dipendenti hanno ricevuto la lettera di licenziamento. Ovviamente noi, pur non essendo certo innamorati di questo brand, siamo determinati a salvare questi posti di lavoro».

Tutti gli impiegati sono assunti part time, con retribuzioni insufficienti a mantenere una famiglia: «Siamo di poco sopra al di sopra del reddito di cittadinanza, circa 800 euro al mese. Quindi un eventuale trattamento Naspi non costituirebbe per noi neppure un palliativo – dice Luigi Pucci, Rsu Cgil in seno all’azienda – Una via d’uscita potrebbe essere il ricorso alla clausola sociale con il tentativo di essere assorbiti nell’impresa che dovesse eventualmente rilevarne la committenza. Ma serve una concertazione istituzionale». I tempi stringono: la chiusura è stata preannunciata per il 31 ottobre.