Ciao Totò, tutta una generazione è in lacrime per te
Il pellegrinaggio silenzioso di adolescenti iniziato sabato scorso non vuole saperne di fermarsi. Ragazzini smarriti e con gli occhi increduli continuano ad arrivare davanti alla palazzina delle case Aterp di via Lazio diventata tappa per condividere lacrime e lutto. A turno – mattina, pomeriggio e sera – scrivono i loro pensieri sui cartelloni, si abbracciano, piangono. Stazionano di fronte al muro trasformato in altarino ricoperto di fiori, all’angolo della nuova toponomastica tra via Benito Falvo e via Martorelli.
Su un lenzuolo con lo spray hanno impresso “Antonio vive nei nostri cuori”. Su un altro: “Totò sei l’angelo più bello”. Hanno portato persino le casse e passano le note di un neomelodico napoletano, dentro un ascolto collettivo come se Antonio partecipasse. Perché è successo qui, nel quartiere popolare e popoloso di Torre Alta dove ogni nucleo familiare si conosce, proprio come nel rione di via Popilia dove è cresciuto e abitava Antonio Ruperti. Avrebbe compiuto 16 anni il prossimo 13 ottobre. Esattamente un mese prima, il 13 settembre, gli hanno dovuto celebrare il funerale.
Com’era Antonio? Un compagnone, “buono, educatissimo, un pezzo di pane”, così lo ha ricordato commosso, fra gli altri, lo showman Pino Gigliotti in una sua diretta social. Sempre spensierato Antonio e, soprattutto, appassionato di moto. Le amava così tanto che le fotografava e pubblicava di continuo su Instagram. A poco tempo fa risalirebbe ad esempio una involontaria profezia che per Antonio significava solo comunicare questa sua smisurata passione per le due ruote: “Se muoio su una moto – avrebbe scritto – non piangetemi perché sono morto felice”. E su una moto, purtroppo, ha trovato la morte giovanissimo, finendo schiacciato dal mezzo troppo pesante ai piedi di un portone che oggi è appunto ritrovo di preghiera per i suoi coetanei.
In questo punto preciso, un caldissimo sabato di settembre, Antonio ha incrociato una Jeep bianca della polizia, l’impatto è risultato fatale. Terribile la scena che si è presentata a chi c’era, con il ragazzo che per un attimo si sarebbe rialzato in condizioni gravissime dicendo che doveva andare via. Poi il crollo. Di questo straziante evento, a dominare è ancora ciò che non si capisce da quel che davvero si sa. La dinamica della collisione e le responsabilità sono da verificare. In mancanza delle certezze invocate dalla famiglia, attualmente le ipotesi non ufficiali a commento di questa tragedia riportano all’amara considerazione che probabilmente si sarebbe potuta evitare.
Intanto è stata creata la pagina facebook “Giustizia per Antonio Ruperti”. Che sia stato un incidente finito nel peggiore dei modi, un appuntamento col destino o un azzardo sprovveduto di cui non si erano calcolati i rischi, rimane l’asfalto bagnato del sangue di un giovane poco più che bambino. Primogenito di tre maschi, Antonio viene descritto come un figlio, un fratello, un nipote affettuosissimo. In questo momento di dolore vengono letteralmente consumati con gli occhi i video che lo riprendono mentre cullava i cuginetti più piccoli.
Con la voce rotta dal pianto, c’è chi rammenta che nelle serate d’estate Antonio amava spuntare all’improvviso sotto casa con la bici: si staccava un attimo dagli amici per dare semplicemente un abbraccio alla mamma in cortile, poi riprendeva a pedalare. Antonio alla scuola preferiva i lavoretti saltuari come quello in un autolavaggio o nel mese di dicembre al banchetto allestito sul marciapiedi per vendere i fuochi di Natale. Viveva la strada, forse non aveva gli strumenti per riconoscere la gente sbagliata o per fiutare il pericolo, e conservava comunque una bontà genuina da ragazzo perbene. Dicono che Antonio fosse mattiniero. Come il 9 settembre scorso. Era presto, troppo presto quel giorno. Soprattutto per morire.