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04/10/2025 ore 09.00
Lettere e Opinioni

Gabrio Celani, un urbanista a Corso Mazzini

Un omaggio che è anche un racconto: oggetti, luoghi e memorie diventano il filo di una biografia interiore. Nel Salone degli Specchi, Cosenza ricorda l’urbanista scomparso come si ricorda un amico: intrecciando vita, città e poesia

di Alessia Principe

“Amici miei”,

è così che il dottor Lacan si rivolge all’assemblea in un incontro che metterà sotto il segno dell’amicizia (Discorso di Roma, pronunciato il 26 Settembre 1953, pubblicato in Altri scritti, testi riuniti da Jacques-Alain Miller nel 2001). E’ ciò che Roland Barthes, nel tradurre dal greco il termine Akolouthia, chiamerà accolita, “corteo degli amici”. Per questo corteo, vorrei tracciare, di mio fratello Gabrio, una breve biografia attraverso gli oggetti, gli oggetti che stanno in vetrina e più precisamente le vetrine di Corso Mazzini.

Una storia degli oggetti come storia della vita interiore. “Gabrio, chi ti ha fatto il primo abito su misura?” Lello Fanile. Credo nei primi anni 70. “E Tommaso Mazzocca?” Tommaso viene molto dopo, quando c’era già la differenziazione tra moda femminile e maschile (un po’ prima della salita di via Arabia). Più vicino al Palazzo della federazione comunista, più vicino a casa nostra, c’era Gairo, moda femminile, bellissimo negozio progettato dall’architetto Malara, con una vetrina incapsulata nel legno. Quasi attaccato alla libreria Cianflone. Quella di Pietro. La libreria di Leopoldo, il signore dalla barbetta mefistofelica, figlio di Pietro e per un po’ quasi nostro parente, è sorta più su, quasi a Piazza Fera.

Si chiamava “Il Castello”, raffigurato con due vetrine tonde, quasi fossero degli occhialoni. Vetrine come silhouettes di occhiali da lettura. Non solo vetrine, quindi, ma soprattutto persone. Vetrine come persone. E poi di nuovo altri occhiali, l’ottica Ambrosio. E’ il ritmo delle vetrine. Ritmo come suprema integrazione tra tempo e azione, scrive Nietzsche, come ciò che permette la trasformazione del tempo in azione, commenta Luca Lupo. Il susseguirsi di queste vetrine, di questi oggetti, non è una serie di eventi che si ripete nel tempo, ma, come dice Husserl, “l’unità dei momenti di un senso che si richiamano dall’interno”.

“Adesso è tempo di riscendere, cambiamo prospettiva”. Anche se ricordo una tua citazione: “I disegni in prospetto non saranno ammessi”. E’ scritto nel regolamento del concorso per il tempio della gloria, firmato da Napoleone il 2 dicembre del 1806. Nel descrivere una città, ci sono due alternative; la prima è quella del viaggiatore, dell’osservatore anonimo che contempla la città come un ornamento. La seconda è, come nel nostro caso, di chi vive la propria città e cerca di inventarsi un linguaggio, dei codici che schematizzino la realtà di tutti i giorni. (Gabrio Celani, La città di Telesio, in “La città di Telesio”, Edizioni Mapograf, Vibo Valentia, 1990).

Nel mio schema, riscendendo verso Palazzo degli Uffici c’era il bazar della Galleria Fiorentina che esponeva cineserie, ma pure il miglior design della ceramica dell’epoca. Non dimentichiamo la sensorialità olfattiva, legata prima a Giudice e poi alla profumeria Ferraro. “E il gusto?” Monaco e Scervino. Incastonato tra due colonne ancora adesso visibili, quasi all’angolo di Via Piave.

Delicatezze, spumanti e cioccolata, tappa obbligata di regali natalizi. Vicino vicino allo studio di papà Spartaco. L’Opera Sila (OVS, poi ESAC e poi ancora ARSSA), invece, si raggiungeva risalendo su Viale Trieste, quasi alla fine, vicino a casa del mio amico Ciccio. Fernando, Lao, Claudio, Pino… tutti i miei amici si chiamano “Ciccio”. Il corteo degli amici ricorderà Gabrio Celani, architetto e urbanista scomparso lo scorso 16 settembre, oggi, sabato 4 Ottobre, alle 17, nel salone degli specchi del Palazzo della Provincia.