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05/07/2025 ore 12.01
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Credeva di avere la SLA, si tolse la vita. Ma era una diagnosi sbagliata: la famiglia sarà risarcita

Un operaio di Cisterna visse sei anni con la convinzione di essere malato di SLA. Ma aveva un’artrite cervicale curabile. Ora la sentenza della Corte d’Appello
di Redazione
In the Hospital Sick Male Patient Sleeps on the Bed. Heart Rate Monitor Equipment is on His Finger.

Per sei lunghi anni ha convissuto con l’idea di essere malato di SLA. Una diagnosi terribile, che ha stravolto la vita di un ex operaio di Cisterna di Latina, portandolo alla depressione e infine al suicidio. Ma quella diagnosi era sbagliata. Lo ha stabilito oggi la Corte d’Appello di Roma, che ha condannato l’ASL di competenza e il medico responsabile a risarcire la famiglia dell’uomo con 120.000 euro.

Tutto comincia nel 2012, quando l’uomo – già provato da sintomi invalidanti come vertigini e difficoltà motorie – si rivolge a una struttura pubblica. Gli esami clinici portano a una diagnosi di sclerosi laterale amiotrofica, patologia neurodegenerativa per la quale non esiste cura. Da quel momento inizia un calvario fatto di cure pesanti, terapie debilitanti e un lento crollo psicologico. Nessuno, in quegli anni, mette in dubbio il referto.

Ma nel 2018, sei anni dopo, un consulto al Policlinico Gemelli di Roma cambia tutto. Il nuovo specialista diagnostica una mielopatia spondilogenetica: una grave forma di artrosi cervicale che può causare sintomi simili alla SLA, ma che è trattabile – se diagnosticata in tempo – anche con interventi chirurgici.

Troppo tardi. La verità arriva quando ormai l’uomo è distrutto, nel corpo e nell’animo. Si sente tradito dalla medicina, dalle istituzioni, da un destino che poteva essere diverso. Decide di farla finita. Prima, però, intraprende una battaglia legale contro l’ASL e il medico che firmò la diagnosi errata. Oggi, quella battaglia ha ottenuto giustizia.

Il Tribunale di Latina aveva già riconosciuto le responsabilità mediche. Ora la Corte d’Appello di Roma ha quantificato il risarcimento per gli eredi: 120mila euro, un risarcimento simbolico per un errore che ha cancellato una vita. Il caso riapre il dibattito sulle diagnosi affrettate e sull’importanza della seconda opinione medica, soprattutto quando è in gioco la speranza.