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22/03/2020 ore 10.00
Politica

Cetraro, ospedale sul piede di guerra: «Nessun presidio Covid-19»

Quanto sostiene Cosenza Channel, sulla mancanza dei requisiti minimi per aprire reparti di Malattie Infettive negli ospedali di Paola e Cetraro (LEGGI QUI L’APPROFONDIMENTO), trova piena conferma nelle parole del personale sanitario dell’unità operativa Medicina-Lungodegenza di Cetraro. E non solo: ieri è arrivato l’appello del consigliere regionale Giuseppe Aieta che ha chiesto alla Santelli di chiudere
di Antonio Alizzi

Quanto sostiene Cosenza Channel, sulla mancanza dei requisiti minimi per aprire reparti di Malattie Infettive negli ospedali di Paola e Cetraro (LEGGI QUI L’APPROFONDIMENTO), trova piena conferma nelle parole del personale sanitario dell’unità operativa Medicina-Lungodegenza di Cetraro. E non solo: ieri è arrivato l’appello del consigliere regionale Giuseppe Aieta che ha chiesto alla Santelli di chiudere il presidio Covid-19 a Cetraro.

In una nota, inviata al direttore generale dell’Asp di Cosenza, e anche ai carabinieri dei Nas, il personale medico e infermieristico «in merito alle scelte che si stanno adottando, denuncia l’assenza totale dei requisiti necessari a garantire il corretto isolamento dei pazienti Covid-19. Le camere di degenza individuate non hanno impianto di climatizzazione a garantire i ricambi d’aria e la filtrazione con filtri HEPA, e soprattutto manca un sistema di ventilazione che consenta di determinare una pressione positiva o negativa».

I medici e gli infermieri, inoltre, sostengono che «manca adeguata zona filtro per stanza di degenza dotata di lavabo; i testa letto non sono a norma mancando il vuoto e aria compressa, mancano i percorsi sterili per il pulito e lo sporco funzionalmente separati ma soprattutto rimarchiamo che l’assenza di stanza a pressione negativa non consente di trattare bene i pazienti e mette tutto il personale a rischio elevatissimo di infezione. Mancano inoltre tutti i presidi individuali di protezione. Mancano infine le competenze specialistiche». 

I medici e gli infermieri, per questo motivo non intendono «esporsi a questo elevato rischio di contagio» e denunciano «l’assenza totale dei criteri per la sicurezza sul posto di lavoro». Il personale dunque invita «gli organi preposti a rivedere le scelte adottate, assumendosene altrimenti le conseguenze medico-legali e assicurative in caso di malattia o grave infortunio sul piano civilistico e penale».