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07/02/2025 ore 15.39
Politica

Perugini e il sogno di un Pd senza veleni. «Sulla città unica di Cosenza discussioni incredibili»

L'ex sindaco: «Io ho sentito dire che non si poteva votare a favore di Caputo, che mi pare sia il consigliere regionale che ha proposto la legge»
di Massimo Clausi

Salvatore Perugini è cresciuto a pane e politica. Il papà Pasquale è stato deputato e senatore della Dc, nonché presidente della Regione. Lui ha seguito le orme del padre militando prima nel Ppi, poi nella Margherita ed infine nel Pd. Faceva parte di una nidiata allevata dall’illuminato Franco Santo che aveva creato un gruppo di giovani dirigenti composto, tanto per fare alcuni nomi, da lui che divenne sindaco di Cosenza, Mario Maiolo, vicepresidente della Regione e Franco Bruno parlamentare. Un gruppo che poi si è dissolto lasciando nel Pd cosentino un’egemonia alla componente progressista.

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Avvocato, cosa ne pensa del dibattito innescato da Franceschini sul ruolo dei cattolici democratici nel Pd, questo tirare dalla giacchetta Prodi… Anzi le faccio una domanda più diretta: secondo lei il Pd è mai nato?
«Ma guardi, se pensiamo che questo PD è nato con l’ambizione di unire culture politiche diverse per arrivare ad un punto di sintesi comune, se questa era l’ispirazione, dobbiamo dire che è fallita, perché sì, culture politiche diverse si sono messe insieme ma non sono mai stati capaci di produrre una sintesi di ragionamento politico. Per cui ogni giorno c’è qualcuno che all’interno del Pd dice una cosa diversa per distinguersi che in una dialettica interna in un partito va anche bene, ma poi il partito all’esterno, secondo il mio punto di vista, deve rappresentare sempre una posizione unitaria e costruttiva. Questa è una caratteristica negativa del modo di discussione all’interno della sinistra. Io vedo ancora esponenti che si dichiarano di sinistra che non dicono mai una parola positiva nei confronti del PD»

A chi si riferisce?
«Ma ce ne sono tanti…»

E secondo lei perché?
«Non vorrei una cosa che tutto si facesse e si desse un significato politico a quello che si fa per fini poco nobili. Mi spiego meglio. Non vorrei che il ragionamento fosse: mi garantisco un po’ più di spazio per avere qualche rappresentanza parlamentare garantita, assicurata che altrimenti non riuscirei ad avere. In tanti atteggiamenti leggo questi obiettivi. Ovviamente sono legittime le aspirazioni personali, ma se  poi questo tipo di attività politica produce perdita di consensi elettorali o peggio produce un astensionismo ormai dilagante alla fine è una soddisfazione personale, non collettiva; l’utilità marginale è per il singolo che si garantisce una rielezione. . cioè è come se io vedessi un circuito tutto autoreferenziale che su piano politico non produce risultati e allontana la gente. Adesso la dico con un nome e un cognome…

Prego…
«Che Prodi possa legittimamente esprimere un pensiero anche autorevole, non lo discuto ma che poi si faccia una discussione su Prodi che deve aprire una direzione del Pd e trarre le conclusioni e Prodi è uno che dice io non voglio interessarmi di politica però ne parlo… è confusione per l’elettorato perché ognuno si pone la domanda ma qual è il fine vero? Io attualmente non vedo nel partito democratico una pluralità vera di discussione e anche di differenze che poi puntano alla sintesi vedo semplicemente posizionamenti alla ricerca di maggiori spazi»

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