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10/09/2022 ore 19.35
Politica

Rende, al Laboratorio Civico non sono piaciute le parole di Bianca Rende dopo il blitz della Dda di Catanzaro

Ecco la nota del gruppo che forma la maggioranza consiliare rendese: «Siamo costretti a registrare l’ennesima occasione persa per tacere»
di Redazione

Dopo le dichiarazioni a mezzo stampa, il Laboratorio Civico è intervenuto sulle dichiarazioni rilasciate dalla consigliera comunale Bianca Rende. «Siamo costretti – si legge nella nota stampa – a registrare l’ennesima occasione persa per tacere. Questa volta è toccato a qualcuno che rappresenta – solo e soltanto per autodefinizione- “un bel gruppo che ancora si riunisce e discute di politica con la passione di chi ancora ci crede”. Lo si fa con la protervia di chi parla di tutto e del contrario di tutto, dimenticando, come spesso accade a molti, di voltarsi a guardare indietro e riflettere sulle nostre radici, su cosa abbiamo fatto e su ciò che siamo e rappresentiamo adesso».

«La consigliera comunale Bianca Rende si spinge sul molle terreno delle recenti vicende giudiziarie che hanno riguardato la nostra provincia. Nel farlo, si avverte una certa benevolenza -“sempre elogiando il lavoro dei magistrati”, dice- arrivando ad affermare con ovvietà che “certamente molto aiuterebbe a svelenire il clima politico di questi giorni, l’autodeterminazione a fare un passo indietro da parte di quanti si trovano in una posizione soggetta a indagine, sua o dei propri congiunti», prosegue Laboratorio Civico.

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«Pur non volendo dare troppa importanza ad un sibilo, preme sottolineare la terribile novità appresa dalle parole della consigliera Rende: gli elementi indiziari (gravi e sussistenti o meno) si trasmettono jure sanguinis e, perché no, anche jure ereditatis. Quindi, si presume che tutti i parenti, gli affini e i discendenti o eredi degli indagati – termine che andrebbe tenuto costituzionalmente a debita distanza da quello di condannati ma, comprendiamo, verrebbe complicato- sono da considerarsi censurabili, biasimabili e, secondo il Diritto spiegato all’uomo di Neandertal, condannabili. Almeno per formazione – che ci risulta la consigliera abbia – si dovrebbe ricordare che l’articolo 27 della nostra Costituzione sancisce, tra le altre cose, che la responsabilità penale è personale e che l’imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva. Di conseguenza, sempre secondo 
il ragionamento “di chi ancora ci crede” – nonostante i recenti risultati elettorali, verrebbe da aggiungere -, un padre, una zia, un cugino o una figlia di un soggetto indagato avrebbero l’obbligo di dimettersi perché, così facendo, aiuterebbero “a svelenire il clima politico di questi giorni”. No, non è così: il clima politico si svelenisce con la serenità degli animi -prima di quella dei giudizi affrettati-con l’onestà intellettuale ed un po’ di coerenza.
Cosenza cresce insieme? No, così non andrà da nessuna parte…», conclude la nota.