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28/11/2025 ore 09.01
Politica

Rende, scontro sul Psc. Le linee guida della giunta, la minoranza: «Buone per 25 anni fa»

L’approvazione della delibera ha seguito un duro dibattito, dai banchi dell’opposizione si denuncia chiusura al dialogo da parte della maggioranza. Cosa prevede il piano

di Redazione

Mercoledì in consiglio comunale a Rende si è molto discusso del PSC, con il pubblico di Rende che ha approvato una delibera di giunta che le opposizioni hanno contestato. Opposizioni al plurale, perché oltre alla posizione radicale espressa ieri da Rossella Gallo, è stata diramata una seconda nota dal resto dei componenti di minoranza. 

Per la squadra di governo di Sandro Principe, il Piano Strutturale Comunale (PSC) non deve intendersi come mera sostituzione del vigente Piano Regolatore Generale (PRG), «ma piuttosto ne rappresenta una evoluzione coerente con le direttive generali del PRG medesimo», allo scopo di garantire una più attenta e sostenibile gestione del territorio in risposta a esigenze di semplificazione, ottimizzazione, tutela, contenimento del consumo di suolo, recupero del patrimonio costruito, promozione di politiche urbane integrate e sostenibili, e perseguimento della coesione sociale. 

Rende: via libera a nuovi interventi su viabilità, urbanistica e lavori pubblici

Le linee guida della giunta di Rende sul nuovo Psc

La giunta ha dato indirizzo di formulare indirizzo al Raggruppamento Temporaneo di

Professionisti (RTP) incaricato affinché provveda alla redazione della proposta di adeguamento, aggiornamento e implementazione progettuale del Piano Strutturale Comunale (PSC) e dei relativi documenti correlati, secondo i seguenti criteri:

Cosa contesta l’opposizione sul nuovo Psc di Rende

«Durante la discussione sul PSC il Sindaco ha affermato che “dalla minoranza si aspettava di più”. Forse si aspettava che, per timore reverenziale, avessimo annuito alle sue affermazioni demagogiche, intrise di pletoriche e interminabili dissertazioni. Non è così che intendiamo il nostro ruolo» hanno detto Marco Saverio Ghionna, Gianluca Garritano, Stefania Galassi, Eugenio Trombino, Giovanni Bilotti, Adriana Calvelli e Fabrizio Totera.

«La verità è un’altra – aggiungono - noi ci saremmo aspettati molto di più dalla Giunta e dalla sua maggioranza. Invece siamo costretti a tornare a un impianto urbanistico del passato, a cambiare solo l’abito per adeguarlo a norme sopravvenute, senza una reale visione nuova del territorio. Un PSC che, nella migliore delle ipotesi, potrebbe andar bene per il 2001, ma che non è in alcun modo aggiornato ai 25 anni trascorsi».

Per i firmatari del documento critico «è una presa in giro per la città: un piano che cristallizza visioni e interessi politici del secolo scorso, evidentemente ancora non saziati, spacciato per “nuovo” solo perché rivestito con un linguaggio moderno». «A questo – evidenziano -si aggiunge un dato ancor più significativo: nel PSC non compaiono collegamenti concreti con la programmazione comunale, né con il DUP, né con il Piano Triennale dei Lavori Pubblici, né con alcuna strategia urbana. Ci sono continui richiami ai “vincoli sovraordinati” e alle norme nazionali, quasi fosse un documento compilato per ricordare obblighi già noti, più che per delineare il futuro della città».

«E proprio su questo punto emerge la contraddizione più evidente: gli “indirizzi” – proseguono i consiglieri di minoranza -. Alcuni sono così ampi, generici e a volte “a convenienza”, da poter consentire tutto e il contrario di tutto, lasciando spazio a interpretazioni illimitate. Altri, invece, sembrano specifiche quasi tecniche, dettagli che appartengono a una fase finale di piano, inseriti qui dentro impropriamente, come se si volesse imprimere orientamenti che condizioneranno pesantemente le scelte future, senza il confronto dovuto».

«Il risultato è un documento sbilanciato, dove gli indirizzi assomigliano più a un passepartout urbanistico che a una visione coerente: larghissimi quando serve non impegnarsi, rigidissimi quando serve vincolare scelte già decise altrove. Sul piano dei contenuti, mancano riferimenti chiari all’inclusione, alla città accessibile, alla mobilità universale, alla resilienza energetica e climatica. È vero – si legge - che si accenna a verde e permeabilità, ma senza una strategia urbana che li inserisca in un quadro di rigenerazione, qualità degli spazi, riequilibrio degli standard e benessere della comunità. Sono passaggi isolati, non una visione».

Poi ancora: «A tutto questo si aggiunge un metodo che definire inaccettabile è poco.
Il rinvio che avevamo chiesto, indispensabile per verificare la sostenibilità degli indirizzi e approfondire aspetti così rilevanti, è stato negato con un atteggiamento supponente, autoritario e, a tratti, offensivo verso chiunque osi porre un dubbio o proporre un emendamento. La maggioranza, priva di qualsivoglia autonomia, si limita a ratificare pacchetti già confezionati. Il Consiglio comunale – sentenziano - viene sistematicamente svuotato del suo ruolo, ridotto a organo formale che deve premere il tasto “conferma”, mentre la Giunta si muove come un monocrate più che come organo collegiale».

«Per rispetto istituzionale non riportiamo le offese che il Sindaco rivolge a chi non è d’accordo con lui. Ma è evidente che c’è un modo di intendere le relazioni che appartiene a un’altra epoca. Col tempo, se ne farà una ragione: qui non c’è chi abbassa la testa. Avevamo chiesto un confronto vero. Abbiamo trovato solo chiusura, imposizioni e retorica. Il rinvio è stato negato. Per questo motivo abbiamo votato contro – concludono Ghionna, Garritano, Galasi, Trombino, Bilotti e Calvelli – per prendere le distanze da un metodo feudale e da un piano che non rappresenta il futuro della città, ma un ritorno nostalgico al passato. Sono soddisfatti solo coloro che trarranno vantaggio da questo modo di procedere. Non certo Rende».