Tagli alla sanità, il 2001 l'anno della svolta (negativa) in Calabria. La cronistoria
La data di svolta è il 2001: con la riforma del titolo V della Costituzione italiana, all’Articolo 117 si stabilisce, in sintesi, la gestione concorrenziale della sanità regionale a quella nazionale. Una modifica che, nel corso del tempo, ha portato a un sorpasso: ora la materia sanitaria è a quasi esclusivo appannaggio dell’autorità locale. Un punto che, se in alcune regioni ha funzionato, in altre ha portato tagli su tagli. È il caso della Calabria.
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La prima giunta ad usufruire della riforma fu quella presieduta da Giuseppe Chiaravalloti, governatore di centrodestra appartenente a Forza Italia. La maggioranza, oltre agli azzurri, prevedeva anche la presenza di AN, CDC, CCD e del nuovo PSI. Durante la presidenza di Chiaravalloti venne fondato il cosiddetto Polo Campanella, che (stando anche a quanto dichiarato in una precedente intervista pubblicata dal giornale online Strill) sarebbe dovuto essere il fiore all’occhiello della sanità calabrese, avrebbe dovuto «fare da centro fra Roma e Addis Abbeba». Risultato? Chiuso nel 2014 con 94 milioni di passivo. Ma, sempre nella stessa intervista, l’ex presidente giura: «Con me il centro andava benissimo, poi il mio successore (Loiero, ndr) mandò via il presidente scelto da me e adesso vediamo i risultati».
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Agazio Loiero divenne presidente di Regione nel 2005 come esponente del centrosinistra (accompagnato, oltre che dai Ds e da La Margherita, anche da Udeur, Idv, Rifondazione e Comunisti Italiani). Nel 2007 vennero ridotte le Aziende Ospedaliere, da undici a quattro: furono eliminate quelle di Paola, Castrovillari, Rossano (rientrate su Cosenza), Crotone, Lamezia, Vibo (rientrate su Catanzaro), Locri, Palmi, Reggio (rientrate su quella locale, cosiddetta Bianchi – Melacrino – Morelli). Il decreto regionale entrò in vigore nel 2012. Sempre sotto Loiero, a seguito della commissione Serra – Riccio sulla qualità degli ospedali in Calabria (36 su 38 inadatti), propose un piano di rientro del deficit accumulato che, stando ai documenti, «l’advisor contrattualizzato dalla Regione […] ha quantificato in Euro/milioni 2.161». Pertanto, per riuscire a chiudere il rientro, propose la chiusura di dodici ospedali da 20/25 posti letto, evitando così il commissariamento della sanità (che sarebbe arrivato comunque un anno dopo). Propose anche la costruzione di quattro ospedali: vennero completati nel 2014.
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[nextpage title=”SCOPELLITI” ]

A Loiero successe Giuseppe Scopelliti, che venne nominato commissario per la salute pubblica e mantenne la sua carica fino alla condanna in primo grado, avvenuta il 27 marzo 2014. La chiusura degli ospedali, già programmata da Loiero, venne confermata dall’ex Sindaco di Reggio Calabria, che annunciò di voler chiudere diciotto ospedali cosiddetti “in esubero”. Scopelliti li definì «ospedali improduttivi». Firmò anche una convenzione fra l’ospedale Pugliese di Catanzaro e il Bambin Gesù di Roma che, per quanto dichiarato dall’amministrazione comunale del capoluogo, portò a una spesa di due milioni annui (per un totale di dieci milioni).
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Sotto il penultimo presidente, Mario Gerardo Oliverio, della Regione, in particolar modo nel suo ultimo periodo di mandato, le misure previste dal Governo centrale andarono ad inasprirsi col “Decreto Calabria”, varato dall’allora ministro della salute Giulia Grillo, che aumentava i poteri del commissario consentendogli di scavalcare, su alcune materie, anche il presidente di Regione. Oliverio si oppose spesso a questo decreto, definendo recentemente «un disastro».
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Ultima in ordine cronologico Jole Santelli, presidente di Regione dallo scorso gennaio fino alla sua prematura e recente scomparsa. Il nodo centrale della sua amministrazione riguarda il mancato utilizzo, denunciato dal segretario della Cgil Angelo Sposato anche al nostro giornale, degli 86 milioni di euro stanziati dal Governo centrale per l’emergenza Covid.
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